Accedere a The Pirate Bay in queste ore significa imbattersi in una singolare “testata”: la home page del celeberrimo sito dedicato al peer-to-peer si presenta infatti come Pirati di Sealand con tanto di logo stilizzato che ricorda, appunto, Sealand.
Perché tutto questo? Lo spiegano gli stessi gestori di The Pirate Bay sul proprio blog: acquistare Sealand, una piattaforma al largo delle coste britanniche che da decenni proclama e difende la propria indipendenza , consentirebbe di dar vita ad un paese del P2P, del file sharing legale , lontano dalle lunghe mani dell’industria della discografia e del cinema.
“Di recente – spiega il blog di Pirate Bay – è stato reso chiaro che il paese è in vendita”. Come ricorderanno molti lettori di Punto Informatico, Sealand è un principato che l’anno scorso ha rischiato di essere cancellato dalle mappe ed è per questo che il principe Michael, figlio del fondatore del paese, è oggi più disponibile a cederlo.
Ma il costo è elevato, Micheal parla di qualcosa come 504 milioni di sterline , una cifra enorme che lui stesso ammette potrebbe essere ridimensionata in fase di trattative. E su questo contano quelli di Pirate Bay, che intendono ora coinvolgere i molti milioni di utenti Internet che frequentano le proprie pagine e i propri servizi perché partecipino ad una colletta online . L’idea è che insieme si possa raggiungere una “cifra possibile”.
Sealand, spiegano sul blog, “diventerebbe un posto eccezionale per chiunque. Accesso ultraveloce ad Internet, nessuna legge sul copyright e accessi VIP a The Pirate Bay”. L’idea, dunque, è quella di promettere cittadinanza a chiunque donerà qualcosa per la causa.
Per Sealand tutto questo non rappresenta certo una novità. Già nel 2001, quando il primo Napster si trovava nel bel mezzo della crociata antipirateria delle major discografiche che ne decretò la chiusura definitiva , si lavorava ad un progetto che avrebbe portato i server centralizzati di Napster su Sealand : accessibili a larga banda, avrebbero consentito secondo i promotori dell’iniziativa di garantire la continuità di quello che è stato il primo sistema di file sharing a diventare fenomeno mondiale di massa. Un progetto che però non divenne mai realtà. Rimane peraltro attiva l’azienda, la HavenCo , che promette infrastrutture di rete di prima qualità “nell’unico ambiente di vero libero mercato, il Principato di Sealand”.
Ma attenzione, quelli di Pirate Bay sono chiari: qualora fallisse l’acquisto di Sealand “compreremo qualche altra isola indipendente da qualche parte e la considereremo il nostro paese”. Le major sono avvisate.