Ebook, ereader, digitalizzazione documentale. Nel mondo dell’editoria in questi ultimi tempi non si parla d’altro. Con pareri che spesso non lasciano spazio a sfumature. Da un lato gli evangelist del nuovo corso digitale, che vedono nei libri elettronici futuro e riscatto della languente industria editoriale; dall’altra pessimisti per cui gli ebook sono destinati a cancellare case editrici, stamperie e, perché no, anche la cultura occidentale tutta intera. Da qui la domanda: c’è qualcosa “in mezzo” tra apocalisse e integrazione? E quali sono le iniziative concrete in corso nel nostro paese in questo settore? Oggi cerchiamo un primo pezzo di risposta esaminando l’esperienza dell’editrice bolognese Il Mulino che, prima in Italia, si è lanciata nel campo della digitalizzazione editoriale con il suo progetto Darwin . E propone un approccio insieme aperto e disincantato all’universo degli ebook.
Darwin, inaugurato lo scorso 12 ottobre, si presenta al pubblico come un archivio digitale ripieno di trecento testi . Non tutti i libri del catalogo e non libri selezionati arbitrariamente: semplicemente, dentro il database Il Mulino ha scelto di inserire prima di tutto le monografie pubblicate tra il 2004 ed il 2009 nelle loro sei collane di ricerca. Una ratio precisa che si riflette nell’individuazione di un segmento di pubblico altrettanto specifico. Almeno fino a tutto il 2009, infatti, il progetto assume come destinatari unici istituzioni universitarie, biblioteche e centri di ricerca , escludendo per converso il pubblico generalista.
E tutto questo, spiega il responsabile per le nuove tecnologie Andrea Angiolini , per diverse ragioni, tra cui prime quelle pratiche e culturali. “Anzitutto non era pensabile digitalizzare in un sol colpo l’intero catalogo della nostra casa, né parlare contemporaneamente a pubblici che hanno esigenze e modi di fruizione differenti”. Ma soprattutto, continua Angiolini, a pesare è stata la vocazione storica de Il Mulino: “La nostra casa editrice nasce per pubblicare ricerca. In questo senso ci è sembrato doveroso, oltreché logico, cominciare dalle collane in cui maggiormente si riflette lo sforzo scientifico”.
Inoltre, sostengono i progettisti, le funzionalità dell’ambiente Darwin troverebbero nelle attività di bibliotecari e ricercatori uno spazio di espressione ideale. Oltre a supportare la normale lettura a schermo, infatti, la piattaforma consente anche di svolgere una varietà di funzioni più avanzate che vanno dal full-text search su singoli volumi e collane, alla ricerca mirata su specifiche categorie di contenuti (ad esempio immagini, bibliografie, tabelle), all’apposizione e socializzazione di commenti ai testi, fino alla possibilità di estrarre interi brani per citarli altrove o condividerli su piattaforme social. Non è invece prevista, almeno per il momento, la possibilità di scaricare i contenuti e impiegarli offline. Spiega Angiolini: “nel momento in cui scarichi il libro e lo consulti al di fuori della piattaforma, ti precludi l’impiego di tutte le funzionalità più innovative del sistema. E allora tanto valeva tenersi un libro di carta”.
A rendere possibile il funzionamento di Darwin è l’esistenza di un’infrastruttura tecnologica imperniata su regole di impaginazione rigorose e sull’impiego dello schema DocBook per la successiva modellazione dei contenuti. Ogni volta che un nuovo volume va in produzione, l’impaginatore codifica ciascuna delle tipologie di contenuto presente nel testo – titoletti, testo piano, didascalie – con un sistema di macro predefinite e rigide, che consentono sia la definizione del layout che la produzione di un XML. Dopodiché il codice così compilato passa per una serie di trasformazioni successive: i fogli di stile di DocBook lo “arricchiscono” con una serie di informazioni ulteriori; i redattori effettuano il controllo editoriale ed aggiungono a mano alcuni metadati di inquadramento; l’XML risultante viene passato sulla piattaforma Darwin, trasformato pezzo per pezzo in HTML e indicizzato.
Il risultato finale è un pezzo di codice estremamente ricco e strutturato, passibile di trasformazione in tutti i formati di e-publishing oggi disponibili, dal .mobi all’ .epub passando per il formato .dzw di Kindle ed il buon vecchio .pdf . “Abbiamo scelto DocBook – racconta il responsabile tecnologico del progetto Paolo Casarini – proprio perché consente di raccogliere il maggior numero di informazioni possibili in fase di produzione, e quindi ci garantisce la massima libertà per le successive trasformazioni verso i formati più diversi”.
L’idea insomma è quella di dotarsi di un architrave tecnologico il più possibile solido e ricco, che consenta la massima libertà di movimento per il futuro. Ancora Angiolini: “Noi mettiamo in campo un ventaglio di possibilità innovative. Poi magari ci renderemo conto che il lettore italiano è più avanti rispetto alla nostra offerta, o al limite anche più indietro. Sarà il tempo a dircelo”.
È in linea con questa filosofia incrementale la strategia di sviluppo del progetto, che prevede da una parte aggiornamento continuo delle collezioni monografiche – con l’inserimento ogni quattro mesi dei volumi di nuova pubblicazione – dall’altra allargamento progessivo verso altre tipologie di testi e di pubblici . In particolare, il prossimo passo dovrebbe essere la digitalizzazione del ricco catalogo di manualistica posseduto dall’editrice, cui far seguire in un secondo tempo l’inserimento a sistema delle collane generaliste.
D’altra parte, i progettisti si dicono consapevoli del fatto che ad ogni passaggio corrispondono pubblici e modalità di fruizione differenti, e dichiarano di essere del tutto pronti ad adattare la traiettoria del progetto a seconda delle richieste del pubblico . Emblematica in questo senso la policy adottata nei confronti di Kindle e degli altri dispositivi mobili: ad oggi la scelta è quella di non consentire in alcun modo la fruizione di contenuti su ereader e palmari, ma un eventuale cambio di rotta non troverebbe ostacoli tecnologici di sorta. “Siamo molto aperti su questo – spiega Angiolini a Punto Informatico – ed abbiamo già preso contatti con alcuni grandi player (il riferimento è alla stessa Amazon, NdR) rispetto a possibili partnership operative. Il problema, semmai, è la limitata penetrazione dei dispositivi di nuova generazione nelle università e nelle biblioteche italiane”.
Insomma sul fronte dei formati e delle modalità di fruizione Darwin non propone ricette preconfezionate. E neppure ne offre per quanto concerne i sistemi di pagamento : mentre è certo che alla fine del periodo sperimentale (31 dicembre 2009) ad università e biblioteche sarà proposto di aderire attraverso forme di abbonamento, sul medio termine non si esclude la possibilità di offrire i contenuti anche a singoli individui, magari in modalità pay-per-view .
È difficile prevedere oggi la traiettoria futura del progetto. Certo la ricognizione del panorama internazionale autorizza un cauto ottimismo: alcune esperienze assimilabili – come ad esempio la britannica Oxford Scholarship Online – continuano a crescere, mentre sono sempre più numerosi i governi che scommettono sugli ebook per scopi didattici. D’altra parte, l’assenza di standard consolidati a livello di formati e modelli di vendita rende il panorama dell’e-publishing piuttosto instabile, e costringe le case editrici muoversi con grande prudenza. Ma al Mulino non sembrano preoccuparsi troppo delle incertezze di mercato, ed anzi vedono in Darwin una salutare occasione per ripensare sia i prodotti che il senso stesso del proprio lavoro. Dice in conclusione Angiolini: “L’editoria elettronica è un’occasione per gli editori per mostrare a che cosa servono. Perché noi sappiamo di essere degli intermediari disintermediabili, ma sappiamo anche che se riusciamo ad aggiungere nuovo valore alle nostre attività, potremo continuare a svolgerle anche in futuro”.
Giovanni Arata