Come già successo nel 2005 , il Gruppo di Lavoro Articolo 29 torna a esprimere il proprio parere critico nei confronti della Direttiva Europea sulla conservazione dei dati. L’implementazione delle misure previste dalla Direttiva è in molti casi illegale , dicono gli esperti di Articolo 29, mentre i dati degli utenti vengono gestiti con modalità inaccettabili rispetto al diritto alla riservatezza.
La Direttiva sulla data retention è entrata in vigore nel 2006, e prevede che provider e fornitori di servizi di telecomunicazioni operanti sul Vecchio Continente conservino le informazioni e le comunicazioni degli utenti per un periodo compreso tra 6 mesi e 2 anni. Eppure, stando al rapporto di Articolo 29, operatori e provider violano in maniera sistematica queste limitazioni.
Le modalità di gestione dei dati messe in atto dagli operatori presentano “differenze significative” per quel che concerne il periodo di conservazione, che può variare da 6 mesi a 10 anni contro i 2 anni massimi previsti dalla Direttiva approvata dalla UE.
Violata la legge, anche nel frangente della conservazione del tipo di informazioni collezionate: la Direttiva specifica limiti espliciti su quali dati possono essere raccolti e archiviati, ma in realtà si fa incetta tra URL visitate, header di messaggi di posta elettronica e destinatari delle missive digitali.
E ancora gli operatori abusano della Direttiva raccogliendo e “monitorando attivamente” la posizione di chi avvia una chiamata cellulare, mentre gli stati membri non forniscono sufficienti statistiche sull’utilizzo della data retention per valutare l’estensione e l’utilità effettiva della pratica .
Il parere negativo di Articolo 29 arriva in un periodo particolarmente delicato per la data retention nel Vecchio Continente: una coalizione di 100 organizzazioni europee ( Electronic Frontier Foundation inclusa) ha recentemente chiesto alla UE di abolire la pratica obbligatoria di conservazione dei dati sulle comunicazioni degli utenti, e i membri della Commissione hanno rassicurato le associazioni circa la volontà di valutare l’efficacia della data retention e l’impatto sui diritti fondamentali dei cittadini europei – privacy in primis.
Alfonso Maruccia