Il piano di “riforma” delle intercettazioni telefoniche della NSA c’è, ed è sostanzialmente lo stesso già anticipato a mezzo stampa nei giorni scorsi : la Casa Bianca propone di chiudere le attività di spionaggio di massa rese possibili dalla Sezione 215 del Patriot Act, ma il diavolo si nasconde nel dettagli e si tratta di tutto fuorché di una questione di scarsa importanza.
Le principali novità previste dalla “riforma” approntata dall’Amministrazione Obama prevedono che l’attuale piano di intercettazioni – in vigore e valido ancora per i prossimi 90 giorni – venga sostituito con uno maggiormente rispettoso dei diritti civili e di riservatezza dei cittadini USA, dove l’accesso alle comunicazioni telefoniche da parte dell’intelligence possa avvenire solo nei casi in cui un giudice terzo abbia fornito opportuna autorizzazione in tal senso.
Le telefonate non verranno più archiviate nei data center della NSA ma saranno piuttosto stoccate dalle stesse compagnie telefoniche , per un periodo di tempo non più esteso di quello già previsto dalla legislazione attuale. La NSA avrà naturalmente a disposizione una via di accesso “preferenziale” (e senza previa autorizzazione del giudice) nel caso in cui vi fossero motivazioni di emergenza e i soliti “rischi per la sicurezza nazionale” che oramai stanno bene un po’ su tutto.
Il continuo utilizzo di concetti come la “sicurezza nazionale”, che si prestano a ogni genere di interpretazione più o meno fantasiosa, è uno dei motivi per cui non tutti hanno accolto positivamente la proposta di Obama. Se il Presidente avesse voluto dare un taglio netto alle intercettazioni di massa della NSA, si sottolinea , avrebbe potuto semplicemente evitare di chiedere alla corte FISA il rinnovo del piano come invece avvenuto in questi giorni.
Obama gioca insomma al salvatore della privacy nascondendo la realtà dei fatti, e la stessa amministrazione – in questo caso il Dipartimento di Giustizia – chiede contemporaneamente che le autorità federali abbiano più poteri di intervento proattivo sugli apparati digitali di sospetti criminali.
Tra i politici statunitensi c’è persino chi, come il senatore John McCain, dedica le proprie energie alle teorie complottiste e continua ad accusare Edward Snowden di collaborazionismo con il nemico: l’ex-analista della CIA lavora con i russi che lo hanno accolto in esilio, sostiene il repubblicano McCain, e a riprova di questa “verità” ci sarebbe il tempismo con cui i suoi documenti top-secret vengono rivelati dalla stampa internazionale.
Alfonso Maruccia