Come atteso , il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo Romani in materia di media televisivi.
Secondo quanto spiegato da una nota del Ministero dello Sviluppo, con la nuova versione del testo che disciplina anche i servizi TV sul Web cadono le critiche opposte al decreto: innanzitutto perché “non comporta in alcun modo una valutazione preventiva sui contenuti diffusi, ma solo una necessità di mera individuazione del soggetto che la richiede con una semplice dichiarazione di inizio attività”.
Inoltre, con le modifiche seguite alle osservazioni di Agcom e alle numerose contestazioni , il testo che recepisce la direttiva europea sugli audiovisivi esclude esplicitamente (evitando così la confusione precedentemente creata) blog, giornali online, siti Internet tradizionali e motori di ricerca. Specificherebbe meglio, insomma, “a quali servizi audiovisivi deve essere applicata la disciplina prevista dalla direttiva, con un elenco dettagliato delle attività escluse”.
Elenco, quello stilato all’art. 4 e citato nella nota, solo esemplificativo e che sembra aver accolta la sostanza delle critiche, rettificando l’impostazione iniziale ed evitando di equiparare la Rete alla televisione. Resta, tuttavia, ancora qualche dubbio sulle sorti di YouTube, che non sembra direttamente esclusa dalle eccezioni: la definizione “un servizio di media audiovisivo a richiesta” sembra rischiare di far rientrare la piattaforma di Google dalla finestra nella disciplina del decreto. E se pur al punto 1 dell’art. 4 si legge che sono esclusi “i siti Internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione”, tale definizione è inserita parlando di attività “precipuamente non economiche”.
Sembra essere stata mantenuta , invece, l’impostazione che riconosce un ruolo predominante di Agcom, in particolar modo per la vigilanza in Rete delle violazione della proprietà intellettuale.
Claudio Tamburrino