Roma – 321 Studios si arrende. La softwarehouse statunitense che aveva osato creare un programma capace di consentire la copia personale dei DVD, copia consentita dalla legislazione americana, ha chiuso sotto la pressione delle cause giudiziarie intentante dalle major dell’intrattenimento.
Sulla home page dell’azienda si può leggere uno sconsolato comunicato che annuncia la drastica decisione , divenuta, a quanto pare, inevitabile per le ingenti spese legali sostenute per difendersi dall’industria, in particolare da quella del cinema. “321 Studios è spiacente di informare – si legge nella nota – di aver cessato le operazioni di vendita, supporto e promozione dei propri prodotti”.
Nato da una denuncia di Macrovision a cui poi si sono aggiunti gli attacchi legali degli studios di Hollywood, il “caso 321 Studios” era probabilmente destinato a finire così fin dalla clamorosa sentenza dello scorso febbraio , quando una prima sentenza stabilì che la vendita di un software come quello prodotto dall’azienda, il celeberrimo DVDXCOPY, non era legale. La tesi, sostenuta dall’industria e avallata dai magistrati, era che tale programma viola il Digital Millennium Copyright Act (DMCA).
Il DMCA vieta espressamente la realizzazione di programmi che possano bypassare i controlli antipirateria posti dalle major sui DVD, come il CSS (Content Scrambling System), anche se questi software sono utilizzati legalmente e sono commercializzati allo scopo, legale, di effettuare una copia personale di quanto acquistato in negozio.
“Nonostante gli sforzi per rimanere in attività – si legge sulla home page dell’azienda – le ingiunzioni contro 321 Studios di tre tribunali federali all’inizio dell’anno hanno fatto sì che non si possa più procedere nell’attività commerciale”.
Nessuna sorpresa, va detto, per la scelta di chiudere. Nelle scorse settimane (vedi: DMCA 1 – Fair Use 0 ) il CEO dell’azienda aveva confessato lo stato di prostrazione a cui 321 Studios era giunta dopoché nel mirino era finito anche GAMESXCOPY, software per la copia personale di videogiochi denunciato dai colossi del settore Electronic Arts e Vivendi Universal.
La chiusura di baracca e burattini rappresenta senza dubbio una delle più importanti vittorie per le major nella guerra ormai quinquennale che le oppone ai produttori di tecnologia e agli utenti della stessa. Inoltre costituisce anche una conferma importante per il DMCA, una legge fin qui inutilmente contestata da centinaia di accademici ed esperti, da alcune aziende e persino da, invero pochi, politici statunitensi. Normativa in gran parte recepita pedissequamente dall’Europa con la EUCD (European Union Copyright Directive) già ratificata in Italia.
Roma – Non sono un esperto di diritto e ringrazio Punto Informatico se vorrà pubblicare comunque queste mie due righe sulla questione 321 Studios che so essere oggi in sommario. La faccenda è infatti vitale al punto che non può essere delegata ai soli avvocati come se al centro vi fosse soltanto una questione normativa.
La scelta di chiudere per 321 Studios è certo inevitabile: sentire sul collo il fiato di legulei molto ben prezzolati non fa piacere a nessuno, figuriamoci ad un’azienda che nonostante i molti clienti non ha mai avuto a disposizione un fatturato miliardario. Ma, mentre si riflette sullo shutdown di una brillante softwarehouse, è bene non perdere di vista cosa c’è in gioco, cosa si rischia di perdere e cosa già si è perso .
Il software più inviso all’industria tra i prodotti di quel manipolo di programmatori consentiva, come molti sanno, di copiare DVD . Questa locuzione, copiare DVD , è da sempre un’ossessione per le major, è entrata nelle normative contro la pirateria, è additata come causa di tutti i mali di una floridissima industria. Persino uno come me, che a casa non ha neppure il lettore DVD, si sente ormai vagamente in colpa persino a pensare di copiare un DVD. Eppure è un’opzione prevista dalla legge.
Essì. La legge italiana, così come quella americana, non ha ancora abolito il concetto di copia personale . Il senso di questa eccezione al divieto di masterizzare si deve alla possibilità, per chi acquista, di provvedere alla migliore conservazione di quanto acquistato, ossia di poter disporre dell’opera anche in caso di rottura del supporto.
Non deve essere capitato a molti ma può effettivamente succedere che un CD musicale, o un DVD, si rompa, o si graffi in modo da risultare inutilizzabile. In quel caso, con il disco originale in mano, qualche ingenuotto potrebbe arrivare a chiedere la sostituzione con una copia identica al produttore, magari pagando, chessò, le spese per il supporto. Provate a mandarlo alla casa distributrice o a portarlo al negozio. Se non vi sputano in un occhio è solo perché sperano che ricompriate il disco a prezzo pieno.
Ordunque, che faceva di così terribile il software di 321 Studios? Consentiva a chiunque di prendere il proprio DVD e duplicarlo. In fondo un DVD è un investimento, molti titoli costano un occhio della testa ed è certo saggio prevenire eventuali sempre possibili incidenti al supporto. Ma ciò, anche se legale, non è concesso .
Sul principio di copia personale infatti prevale quello imposto dalle major, secondo cui i lucchetti digitali non possono essere scardinati . Il principio che passa, dunque, è quello secondo cui è possibile e giusto privare di diritti chi spende per comprare un prodotto del genere, in nome della sicurezza anti-pirateria. Preservare il mercato e i proventi delle molte major è dunque più importante che tutelare il diritto del singolo. Quest’ultimo, come un novello dr.Jekyll, può infatti trasformarsi nel mr.Hyde della criminalità, mutando in un efferato criminale .
Quello che c’è davanti a tutti noi, dunque, non è una legge, è una bilancia. Da una parte loro , dall’altra i consumatori. Il caso di 321 Studios ha fatto vedere quale piatto sia oggi il più pesante . Perché questo cambi ci sarà bisogno ancora di qualche anno: ci vuole tempo per consentire alla rete di contribuire allo sviluppo di una nuova consapevolezza nel consumatore. Se il domani potrà brillare l’oggi è immerso in una inquietante oscurità.
Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che il copyright europeo, esattamente come sta avvenendo sul fronte brevetti , è plasmato dai nostri legislatori in modo pressoché identico al modello che ci viene dagli Stati Uniti allora nessuno può sentirsi al sicuro : queste normative repressive, frutto di corporazioni che tutto vogliono meno che cavalcare la rivoluzione digitale, sono già qui e da subito, da ieri, hanno iniziato a condizionare il nostro modo di vivere e le nostre libertà di scelta.
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