Chiunque voglia investire in criptovalute ha oggi anzitutto la necessità di studiare il funzionamento della Finanza Decentralizzata (DeFi). Proprio negli anni in cui più si sta facendo per spingere sull’acceleratore dell’educazione finanziaria, infatti, sta emergendo un concetto completamente nuovo di finanza che richiede competenze completamente nuove. Per muovere i propri capitali su una blockchain o per individuare quali possano essere i migliori driver di guadagno, occorre quindi anzitutto capire e saper individuare i rischi, così che ogni transazione non sia una semplice scommessa speculativa, ma abbia alla base piena consapevolezza di ciò che si sta facendo.
Quel che con la finanza tradizionale è complesso, del resto, con la DeFi lo è potenzialmente ancor di più poiché minore è l’esperienza dell’operatore comune e minori sono le tutele di un sistema che ancora sta cercando la miglior regolamentazione. Cosa succede esattamente quando acquisti un Bitcoin? O cosa succede nel momento in cui vendi un Ethereum? Cosa significa mettere a staking? Detenere un portafoglio quali rischi implica per il proprio capitale?
Dietro ognuno di questi interrogativi ci sono algoritmi e protocolli e molto spesso non se ne conosco caratteristiche che, come tante piccole clausole scritte al fondo di un complicato contratto, possono mettere a rischio i propri risparmi.
Il report IOSCO: i pericoli della DeFi
Un nuovo rapporto firmato dalla IOSCO (International Organization of Securities Commissions) ha messo meritevolmente insieme una analisi focalizzata sui rischi, cercando di mettere in evidenza il lato oscuro delle crypto affinché se ne possa maturare miglior conoscenza. Secondo la commissione, infatti, questi elementi sono tali da imporre alle entità di regolamentazione massima accortezza: nella deregulation non potrà esserci crescita, ma soltanto nuove bolle. “La maggior parte dei protocolli DeFi“, spiega infatti il report (pdf), “si basa sulla centralizzazione in una o più aree, e ci sono protocolli che hanno un’autorità centralizzata nascosta e sono decentralizzate solo a livello formale“. Più in generale, emerge come il sistema si nutra di molti conflitti di interesse e di scarsa trasparenza, il che dissemina di falsità le promesse che gli operatori portano avanti nei confronti dell’utenza che investe nel comparto.
Il pericolo è evidente per gli investitori, ma è al tempo stesso un limite della DeFi: un sistema va costruito sulla fiducia e ogni passo indietro su questo fronte rischia di essere un problema irrimediabile.
Il report è molto approfondito e mette in guardia gli utenti da una molteplicità di possibili problemi che potrebbero riversarsi sulla DeFi (con conseguenze difficili da soppesare a priori):
- lo sviluppo dei progetti DeFi è finanziato da investitori che cercano solitamente immediato ritorno, il che può determinare rischi di medio periodo su progetti che risultano appetibili soltanto nelle fasi immediatamente successive al lancio
- “I piccoli investitori in progetti DeFi fanno solitamente parte di una comunità online o vengono introdotti nella DeFi attraverso influencer, social media e altre forme di coinvolgimento digitale e attività promozionali che possono essere una strada importante per ottenere maggiore trazione“
- Molti prodotti DeFi non forniscono agli investitori tutte le informazioni di cui dovrebbero disporre. Questo determina una pesante asimmetria informativa, peraltro senza alcuna normativa che limiti il fenomeno, che potrebbe mettere pesantemente a rischio il capitale investito
- “L’aumento dell’attività nella DeFi ha anche aumentato la probabilità e l’opportunità per i malintenzionati di perpetrare schemi fraudolenti e impegnarsi in attività illecite e altri comportamenti scorretti. Ci sono state numerose segnalazioni di schemi di frode DeFi sotto forma di exit scam e rug pulls (orchestrati da sviluppatori e/o influencer che promuovono un progetto e, alla fine, scappano con i soldi in un momento concordato), schemi Ponzi e altri tipi di frode e cattiva condotta, come il furto di chiavi private. La DeFi può facilitare un’uscita rapida, anonima e spesso non rintracciabile, lasciando le persone truffate con poche, se non nessuna, possibilità di ricorso“
- i prodotti DeFi coinvolgono il trading speculativo, aggiungendo spesso strategie ad alta leva, ma ai rischi tradizionali dei mercati aggiungono alcuni pericoli propri della finanza decentralizzata;
- su alcune blockchain il mining può determinare sistemi di profitto basati sulla capacità di riordinare le transazioni: i validatori di prima mano possono avvalersi di informazioni per massimizzare i profitti in modo invisibile ed a danno di altri attori;
- i prestiti lampo possono consentire l’accesso a grandi capitali senza garanzie e potendo sfruttare eventuali errori di codifica in uno smart contract;
- molti prodotti DeFi offrono l’uso della leva. “Ad esempio“, spiega il report, “le criptovalute prese in prestito da un protocollo di prestito possono
essere utilizzate come garanzia in un altro, utilizzando così le stesse attività sottostanti per costruire un numero crescente di posizioni.
Ciò può moltiplicare i rischi di liquidazione“. La leva è uno strumento tipico della finanza, implica grossi guadagni possibili e grosse perdite potenziali, ma nella DeFi è solitamente invisibile dietro a sistemi privi di trasparenza; - la blockchain non può essere una garanzia assoluta di efficienza e stabilità, soprattutto nel momento in cui gran parte delle attività DeFi è oggi concentrata sulla blockchain di Ethereum: ogni problema sulla blockchain o su altre tecnologie correlate può creare problemi che si riverberano sull’intero sistema;
- chiunque può operare su blockchain pubbliche senza autorizzazioni, anche operatori privi di licenze o di qualifiche professionali. A ciò si aggiunge il fatto che “Molti progetti vengono avviati copiando il codice di un altro sviluppatore“: questo determina il fatto che, “sebbene l’open sourcing di codice valido presenti vantaggi ed efficienze, la propagazione di codice errato può avere conseguenze negative” e “poiché i prodotti e i sistemi DeFi in genere devono essere aggiornati, vi sarà un rischio continuo di errori di codifica“.
L’elenco continua, passando dagli errori sistemici di sicurezza ai rischi relativi a governance il più delle volte non affidabili. Tra i rischi peggiori che la IOSCO intravede sono le interconnessioni tra DeFi e istituzioni finanziarie tradizionali:
Le banche hanno concesso prestiti e investimenti in progetti DeFi. Possono detenere attività relative alle riserve di una stablecoin. […] I fondi privati potrebbero anche investire in progetti DeFi e potrebbero essere coinvolti in attività DeFi. Nella misura in cui le istituzioni finanziarie tradizionali vengono coinvolte in progetti o transazioni DeFi, o attività che supportano il business delle stablecoin, questa attività può presentare rischi per le attività tradizionali e per le loro operazioni che, se crescono, potrebbero diventare utili per le loro operazioni commerciali. Anche l’uso della DeFi allo scopo di creare derivati o sintetici di azioni o titoli di debito esistenti può comportare rischi per i mercati tradizionali.
Il rischio, insomma, è che dietro i pericoli della bolla possa nascondersi di peggio: valute tossiche, blockchain non trasparenti, operazioni a leva, attori farlocchi che lucrano sull’arbitraggio senza costruire valore di sistema. La relazione non intende bocciare le criptovalute e, anzi, “riconosce che la finanza decentralizzata è un’area in continua evoluzione“: per questo motivo studiarne le fragilità e le aree di possibile intervento normativo può esploderne il valore al meglio. Chi intende investire deve poterlo fare con semplicità e consapevolezza, assumendosi rischi commisurati alla propria conoscenza e senza essere soggiogato da un sistema privo di regole.