Apple aveva già condiviso un comunicato stampa per evidenziare le possibili conseguenze della denuncia antitrust presentata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, preannunciando una “difesa vigorosa” in tribunale. L’azienda di Cupertino ha oggi respinto tutte le accuse con una dichiarazione fornita al sito AppleInsider.
Falsa rappresentazione del modello di business
Secondo Apple, la denuncia del Dipartimento di Giustizia è basata su vecchie informazioni o una falsa rappresentazione del modello di business. Innanzitutto c’è un errore nella percentuale indicata per evidenziare il presunto monopolio nel mercato degli smartphone. Il market share non deve essere determinato sulle entrate, ma sulle unità vendute. Quindi non è 65%, ma meno del 50%.
L’azienda di Cupertino ha dichiarato di non aver bloccato le cosiddette Super App. Infatti WeChat, Line e Facebook sono disponibili su iOS (come specificato da Mark Gurman di Bloomberg, le restrizioni sono state eliminate a gennaio). Analogamente, da gennaio è possibile pubblicare sullo store le app per l’accesso ai servizi di cloud gaming.
Per quanto riguarda l’accusa di non consentire l’interoperabilità con altri servizi di messaggistica, Apple evidenzia che WhatsApp e Signal non supportano gli SMS perché la funzionalità non è popolare su Android. Quindi il supporto solo tramite l’app Messaggi non è una limitazione. L’interoperabilità verrà offerta in futuro con il supporto per RCS.
L’azienda californiana afferma inoltre che il supporto per gli smartwatch di terze parti è limitato per motivi tecnici (non è possibile garantire l’interoperabilità con ogni modello). Quindi non c’è un ostacolo alla concorrenza per costringere gli utenti ad acquistare un iPhone.
Infine, l’accesso diretto alla tecnologia NFC è bloccato per motivi di sicurezza. Le app di terze parti possono usare i pagamenti contactless tramite API. Lo scontro legale tra il Dipartimento di Giustizia e Apple durerà diversi anni. Intanto, alcuni consumatori hanno proposto tre class action in California e New Jersey, accusando l’azienda di condotte anticoncorrenziali.