Di chi sono i dati personali? Miei, tuoi, nostri

Di chi sono i dati personali? Miei, tuoi, nostri

I dati personali sono tuoi nella misura in cui li proteggi e sono nostri nella misura in cui li proteggiamo: la sovranità del dato è sempre più importante.
Di chi sono i dati personali? Miei, tuoi, nostri
I dati personali sono tuoi nella misura in cui li proteggi e sono nostri nella misura in cui li proteggiamo: la sovranità del dato è sempre più importante.

Di chi sono i dati personali? La domanda, oltre ad essere una importante questione che va risolta in seno alla legislazione sulla privacy, assume una valenza geopolitica che non si può più ignorare. La maturazione del contesto, in particolare, richiede che tutti riescano a metabolizzare il doppio piano su cui si gioca questa partita.

Ripetiamo la domanda, dunque: di chi sono i dati personali? Sono miei, ma anche nostri. Sono tuoi solo nella misura in cui te lo concedo, sono vostri solo nella misura in cui siete autorizzati a trattarli. Non saranno mai loro, perché loro non so chi siano.

Di chi sono i dati personali

I dati personali sono “miei” e questo è conclamato: è cosa naturale, è cosa compresa, è cosa legittima. Questa sfumatura emerge con forza nell’iniziativa del Data Transfer Project da cui nasce Google Takeout, ove il backup e la trasposizione dei dati è sempre più facile e sempre di più mobilita GB di informazioni per diretta volontà dei legittimi interessati.

I dati personali sono “nostri” e questo è meno direttamente comprensibile, ma emerge con forza nelle diatribe che Facebook e altri “big” iniziano a maturare nei confronti dell’Unione Europea. “Nostri”, infatti, è la risposta che l’UE oppone ai gruppi che intendono conservare fuori dal vecchio continente i dati personali raccolti sul nostro territorio. Con accezione differente e profilo molto più accentuato, stessa cosa avviene nel momento in cui Donald Trump pretende l’estromissione di Tik Tok dagli USA se non trova immediatamente un partner garante per la gestione dei dati su server statunitensi. Attorno alla parola “nostri” emerge prepotente un tema di sovranità del dato, insomma, ove gli Stati hanno il dovere di alzare barricate in difesa della comunità rispetto alle legittime ambizioni di gruppi privati (e chissà, meno legittime ambizioni di governi altrui).

Ancora una volta, contro ogni rischio di espropriazione del diritto da parte della tecnica, è proprio questa proiezione, nella dimensione digitale, dello Stato e della sua stessa sovranità a dimostrare come la protezione dati possa divenire presupposto di sicurezza, promuovendo quella resilienza indispensabile per la difesa della democrazia nel rispetto della sua identità e con mezzi, dunque, democratici.

Antonello Soro

I dati personali, sono “loro” nel momento in cui la Politica non ne reclama la gestione ed i privati cliccano su autorizzazioni di trattamento mai lette, mai comprese e mai davvero inquadrate nel loro significato più generale. La Cookie Law ed il GDPR sono da sempre considerati più una scocciatura che una misura di tutela ed in questo il legislatore ha probabilmente più di una colpa: le modalità con cui il tutto è stato posto in essere si riducono a click aggiuntivi che gravano sull’esperienza online degli utenti senza ricavarne appieno i vantaggi auspicati.

Tale circolarità tra protezione dati e democrazia spiega perché, proprio su questo terreno, l’Unione europea abbia inteso affermare la propria sovranità digitale, in senso assai diverso da quella rivendicata dalla Cina in chiave nazionalistico-autarchica ed egemonica: bensì per la garanzia dei diritti della persona rispetto a chiunque ne gestisca, con i suoi dati, l’identità. Affermando così non la supremazia nazionale, ma la libertà,
anche oltre quei confini territoriali superati dalla rete.

Il dato, quel “nuovo petrolio” senza limiti e spesso senza confini, pretende oggi massima attenzione: l’urgenza diventa emergenza con l’imporsi del cloud e con la sempre più accentuata sensibilità delle istituzioni su queste tematiche. La domanda “di chi sono i dati personali”, dunque, pretende risposte quando meno superficiali possibili e quando più comprensibili. Perché questa è una domanda riflessiva, che ogni cittadino ha il dovere di porsi per saper dare un motivo ai propri click ed alle proprie azioni. Solo così comprenderà meglio Facebook, userà meglio WhatsApp, regolerà meglio i backup di Google ed appoggerà in modo più convinto quelle politiche europee che si impegnano nella tutela dei tuoi dati. Dei miei dati. Dei nostri dati.

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Pubblicato il
23 set 2020
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