L’assalto legale era partito ai vertici di Flava Works , servizio statunitense specializzato nella distribuzione di contenuti per adulti. Nel mirino si erano trovati i responsabili del sito di video bookmarking MyVidster, accusati di aver permesso ai propri utenti il caricamento di numerosi filmati pornografici in violazione delle leggi sul diritto d’autore.
Il caso si presentava però più delicato: gli utenti di MyVidster avevano aggiunto – in gergo anglofono, embeddato – dei contenuti presenti tra i vasti meandri del portalone porno RedTube. Gli avvocati di Flava Works procedevano comunque all’invio delle cosiddette takedown notice per l’immediata rimozione dei filmati. Mentre gli operatori di MyVidster sottolineavano come il materiale fosse in realtà ospitato da RedTube .
La disputa non era certo di semplice interpretazione. Stando agli attuali dettami legislativi del Digital Millennium Copyright Act (DMCA), un intermediario come MyVidster può invocare la protezione del safe harbor – evitando responsabilità dirette – solo se provvisto di uno specifico strumento di rimozione dei contenuti su segnalazione degli aventi diritto . Ma cosa succede se i video non sono caricati bensì incastonati dagli utenti?
Il giudice statunitense John F. Grady ha stabilito che embeddare un filmato sarebbe attività equivalente al caricamento diretto – come avviene ad esempio su YouTube o come avveniva su Megaupload – e dunque passibile di condanna per violazione del diritto d’autore. Una decisione che ha fatto discutere, scatenando vibranti proteste da parte degli attivisti e di due operatori del web del calibro di Google e Facebook.
Grande soddisfazione, invece, da parte della Motion Picture Association of America (MPAA), che ha appoggiato pubblicamente la decisione del giudice Grady. Stando all’industria cinematografica, l’embedding dei filmati illeciti favorirebbe e non poco la diffusione a macchia d’olio del materiale in violazione del copyright. E dunque dovrebbe essere punito considerando i siti responsabili delle attività condotte dagli utenti.
Le problematiche in ballo fanno riflettere alla luce di quanto annunciato dal sito di streaming Spotify, che permetterà ai suoi utenti di embeddare playlist, canzoni o interi album all’interno di blog e siti personali . Basterà copiare lo specifico codice dedicato a ciascun contenuto distribuito dal gigante musicale svedese. Ma il materiale verrà effettivamente distribuito a macchia d’olio?
Non esattamente . Presente in 13 nazioni del mondo, Spotify permetterà l’embedding solo a quegli utenti raggiunti dal mercato . I semplici navigatori non potranno poi ascoltare il materiale liberamente, dal momento che verranno invitati ad iscriversi a Spotify dopo aver cliccato sulla playlist o brano embeddato . Una soluzione che sembra poter scampare l’avvento di una battaglia come quella in corso tra l’industria pornografica e i pruriginosi embedding degli utenti di MyVidster.
Mauro Vecchio