Gli utenti statunitensi del defunto MSN Music dovranno fare i conti con il DRM. I consumatori che avevano acquistato brani musicali protetti dalle tecnologie anticopia sullo store di Microsfot dalle incerte fortune, chiuso nel tardo 2006 per lasciare posto al nuovo Zune Marketplace , entro poche settimane dovranno porsi il problema di come rinnovare le licenze su quanto hanno regolarmente pagato: i server preposti al rilascio delle autorizzazioni di fruizione dei file stanno per andare giù, e di lì in poi, una volta scadute le suddette licenze, la musica sarà inutilizzabile .
“Dal prossimo 31 agosto del 2008 – recita la lettera inviata ai consumatori dal general manager di MSN Entertainment and Video Services, Rob Bennett – non saremo più in grado di supportare il recupero delle chiavi di licenza o l’autorizzazione per computer addizionali per le canzoni che avete acquistato da MSN Music”. Con tanti saluti ai soldi spesi per tirare giù i file da un servizio legale invece che dal P2P, come osserva caustico Cory Doctorow su Boing Boing .
Chi volesse trasferire i propri brani su computer diversi da quello su cui sono stati originariamente acquistati, suggerisce Bennett nella mail, dovrà affrettarsi e farlo entro agosto. Passato questo termine Microsoft non garantirà più ai propri consumatori il diritto di ascoltare la musica legittimamente acquistata, mettendo a nudo, nei fatti, che la natura di MSN Music era quella di un servizio di affitto più che di vendita di contenuti multimediali. Un modo per offrire un ascolto recintato da paletti e limitazioni, piuttosto che garantire pieni diritti di fruizione sui brani e le proprietà intellettuali dell’industria dei contenuti.
Non che la morte dei server di MSN Music significhi la fine immediata di ogni possibile ascolto dei brani: è ancora possibile, come suggerisce qualcuno, registrare la musica su CD-Audio e poi da lì ripparla in formati non protetti come AAC o l’anzianotto ma pur sempre popolarissimo MP3. Ma il tutto non potrà che avvenire a discapito della qualità della codifica .
Sia come sia, il caso rappresenta l’ennesimo, lampante “promemoria di quello che le DRM sono in realtà”, dice Justin Mann su TechSpot.com , vale a dire “un modo per le società di controllare il tuo utilizzo dei loro contenuti. Piuttosto che acquistare, stai affittando”. Una visione d’altronde non molto distante da chi sostiene, in seno all’industria dell’intrattenimento, che fare copie in digitale dei brani presenti sui CD-Audio legali è una pratica illegale. Il backup e la tassa sull’equo compenso? L’industria, per il momento, non ne parla.
Alfonso Maruccia