Banditi a vita dalle principali piattaforme social, ma anche dalle chat room e dai vari client di messaggistica istantanea. Decine di migliaia di sex offender , responsabili di abusi a sfondo sessuale, erano stati cacciati da Facebook e MySpace in base agli attuali dettami legislativi in terra statunitense.
Numerosi cittadini a stelle e strisce sono ora coinvolti in una nuova saga legale avviata in diverse aule degli States , dallo stato dell’Indiana a quelli del Nebraska e della Louisiana. I cosiddetti predatori sessuali vorrebbero ritornare in possesso dei propri account social, considerati di vitale importanza nelle attuali esistenze digitali .
Tutto ruota intorno all’effettivo grado d’importanza di un profilo in blu nelle possibilità di comunicazione dei netizen statunitensi. In altre parole , un account social potrebbe essere visto come fondamentale per la tutela della libertà d’espressione dei cittadini . Dunque inserito nelle previsioni costituzionali a stelle e strisce.
Supportati dagli attivisti di American Civil Liberties Union (ACLU), i sex offender pretendono la riabilitazione digitale perché non più in carcere o comunque soggetti ad ordinanze restrittive per il bando dalle piattaforme social. Restare fuori da Facebook o MySpace significherebbe essere privi delle fondamentali tutele costituzionali .
Ovviamente diverso il parere delle varie organizzazioni a difesa dei minori, ad esempio il National Center for Missing & Exploited Children che ha sottolineato come l’estromissione dei predatori sessuali dai social network non possa trasformarsi in una violazione dei diritti costituzionali . Il principale timore è che, come nella più proverbiale delle frasi fatte, il lupo perda il pelo ma non il vizio.
Mauro Vecchio