“Vi amiamo. Davvero. Stiamo costruendo Diaspora in uno spirito comunitario, perché crediamo in voi. Siete gli innovatori, quelli creativi, le persone che rendono meraviglioso questo mondo”. Inizia così una recente missiva inviata dai vertici di Diaspora alla comunità dei suoi utenti, invitati a suon di complimenti a contribuire alla causa della piattaforma che vorrebbe scalzare Facebook dall’Olimpo dei social network. Sovrastando il sito in blu con una maggiore attenzione nei confronti della privacy .
Scelta, proprietà, semplicità. Queste le tre parole d’ordine tanto care ai fondatori di Diaspora, che alla fine del 2010 avevano lanciato la prima versione alpha per tutti quei finanziatori raccolti tramite Kickstarter. Quegli stessi supporter che avevano permesso alla piattaforma social di raggranellare circa 200mila dollari.
Soldi che non sembrano più bastare ai quattro universitari di New York, ora a caccia di donazioni da parte dei semplici utenti. Contributi da 25 dollari a testa, almeno nelle speranze dei founder di Diaspora .
Che fine hanno fatto i 200mila dollari garantiti dai vari investitori tramite la piattaforma specializzata Kickstarter? C’è chi ha fatto due conti , tenendo in considerazione il salario degli stessi founder , le tasse, le trattenute di Kickstarter e le spese di hosting. A Diaspora sarebbero andati poco più di 110mila dollari .
Mauro Vecchio