Uno dei più grossi handicaps che si possono ascrive al diritto positivo risiede nel fatto che esso viene a cristallizzare una situazione dopo che si sia verificata.
Un esempio eclatante di questa limitazione si può notare nell?esplosione del fenomeno di Internet.
Tecnicamente Internet e le tecnologie ad esso associate si evolvono troppo rapidamente perchè sia possibile tenerne il passo.
Questa rete di computer ha come palcoscenico tutto il globo terrestre.
Vi è la possibilità di visitare database multimediale provvisto di iperconnessioni che abbraccia l?intero globo.
Attraverso la navigazione nel World Wide Web (il nostro www) si può accedere ad un?infinità di informazioni provenienti da ogni angolo della terra.
Immettendo informazioni nella rete, vi è la possibilità che ogni soggetto che abbia un computer possa accedervi.
Queste informazioni possono avere il più svariato contenuto, lecito od illecito.
Fra le informazioni illecite possiamo trovare notizie diffamanti.
Secondo la definizione tratta dal codice penale è diffamazione il fatto di chi comunicando con più persone, offende la reputazione di una persona non presente (art. 595 c.p.c.).
Tre sono quindi i requisiti perchè si violi la norma penale: l?assenza dell?offeso (poichè, in caso di presenza, si avrebbe il reato di ingiuria), l?offesa alla altrui reputazione e la comunicazione a più persone.
La divulgazione delle offese può avvenire con qualsiasi mezzo (a voce, per iscritto, con disegni, etc.) ad almeno due persone.
Occorre altresì che le due o più persone abbiano percepito l?offesa, ma non è necessario che la percezione sia contemporanea.
Il reato può essere aggravato da alcune circostanze, quali l?attribuzione di un fatto determinato (accompagnato da notazioni da farlo ritenere credibile), l?offesa recata ad un corpo politico e l?offesa arrecata con un mezzo di pubblicità, come, ad esempio, i manifesti murali. Per la giurisprudenza rientrano nell?aggravante anche i giornali clandestini.
Da quanto sommariamente esposto, si possono rinvenire i germi della soluzione del problema che ci siamo prospettati.
L?offesa arrecata con il mezzo di pubblicità di cui al terzo comma dell?art. 595 c.p. tende, evidentemente, a reprimere la figura del ?libello?.
La finalità sanzionatoria della norma in commento è quella di punire la maggior divulgazione dell?addebito disonorante con inevitabile maggior danno alla onorabilità della parte lesa.
Secondo l?art. 1 della legge 8.2.1948 n. 47 sono considerati stampe o stampati ?tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione?.
Altri mezzi di pubblicità sono da considerarsi le circolari dirette a numerosi individui, il lancio di volantini, i canti e le grida in luoghi pubblici.
Anche la diffusione radiofonica e televisiva è considerata mezzo di comunicazione sanzionabile dal norma in esame.
Il parallelismo della diffusione via etere è d?obbligo.
Solo in data 6 agosto 1990, con la legge numero 223, il Parlamento ha dettato norme regolatrici della diffusione televisiva.
L?art. 30 prevede appunto le disposizioni di carattere penale.
Il quarto comma sancisce che ?nel caso di reati di diffamazione commessi attraverso trasmissioni consistenti nell?attribuzione di un fatto determinato, si applicano ai soggetti di cui al comma 1 (ossia il concessionario pubblico o privato ovvero la persona delegata al controllo) le sanzioni previste dalla legge 47/48 (diffamazione a mezzo stampa)?.
Per trarre le fila del discorso, non vi è dubbio che la diffamazione online sia perseguibile dalla legge come reato.
Infatti, la modalità di comunicazione, la diffusione generale, sia da enucleare nei casi di cui all?aggravante del terzo comma dell?art. 595 c.p.
Infatti, la rete informatica è mezzo idoneo alla divulgazione di notizie a più di due persone, non rilevando se queste persone percepiscano l?offesa nello stesso istante o in momenti differenti.
La norma tende a reprimere le offese che abbiano una maggior diffusione.
Pertanto, in una interpretazione teleologica della norma, non può non ritenersi divulgativo e quindi cagionevole di danno sociale il mezzo informatico.
Non sussistono, allo stato, però, elementi sufficienti per poter ritenere applicabile la legge 47/48 sulla stampa, per cui la diffusione via Internet di notizie offensive deve limitarsi alla diffamazione aggravata della norma penale.
La norma di cui alla legge 47/48 si riferisce esclusivamente agli ?stampati?, categoria ristretta e determinata, cui non sembra potersi far rientrare la diffusione online di una notizia.
La diffamazione televisiva è sanzionata dalle norme di cui alla legge 47/48 per un richiamo concreto e esplicito della norma 223/90, estensione che non si può allargare alla nostra fattispecie.
Così, il nostro ipotetico diffamatore via Internet sarà chiamato avanti al Tribunale penale (prima Pretura) per rispondere del reato di cui all?art. 595 c.p.
La pena prevista è quella della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad un milione, oltre, eventualmente, il risarcimento dei danni all?onore della persona offesa.
La veridicità dei fatti riportati con tono diffamante non esclude la pena.
Altra fattispecie sarà quella della diffusione via Internet di notizie divulgate da giornali.
Così, se un soggetto si collegasse ad un sito di un quotidiano e apprendesse notizie diffamanti, si ricadrebbe nella disciplina specifica della diffusione a mezzo stampa.
E? evidente che in tal caso si applicherà la norma regolamentatrice dei delitti a mezzo stampa, che prevedono, nel caso di diffamazione, una pena da uno a sei anni e la multa non inferiore a £.500.000
Per completezza di argomentazione, occorre precisare che è riconosciuto costituzionalmente il diritto di critica e il diritto di cronaca alla stampa.
Non risponderà di diffamazione il giornale che divulgherà notizie vere, di cui vi sia un interesse pubblico alla divulgazione, riportandole obiettivamente.
Sul cronista incomberà l?onere di controllare la veridicità delle fonti.
Anche il diritto di critica, principio cardine di ogni democrazia, deve, secondo la giurisprudenza, essere esercitato in certi limiti, anche di buon gusto e correttezza.
Sul punto si potrebbe scrivere molto, ma il discorso ci porterebbe lontano rispetto al nostro problema di fondo.
Sarebbe comunque auspicabile che, come in altri paesi, il legislatore regolamentasse il mondo de Internet, per fissare i confini tra il lecito e l?illecito in una delle più belle attività dell?essere umano, il comunicare.
Onestamente, però, se si è dovuto attendere il 1990 per la norma che regolasse la comunicazione televisiva, forse per gli anni venti del prossimo millennio potremo sperare nella chiarificazione.
Un augurio di lunga vita a tutti.
Avv. Marco Boretti
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