La Competition and Markets Authority (CMA) del Regno Unito ha avviato una seconda indagine su Google per verificare se la sua posizione dominante ha ostacolato la concorrenza nel mercato del digital advertising. La prima indagine, avviata all’inizio di marzo in collaborazione con la Commissione europea, riguarda invece il presunto accordo Jedi Blue sottoscritto con Meta.
Google sotto la lente dell’antitrust UK
La CMA vuole verificare se Google limita la concorrenza sfruttando la sua posizione dominante nell’intermediazione pubblicitaria. Al centro dell’attenzione c’è il cosiddetto “ad tech stack“, ovvero un insieme di servizi che facilitano la vendita degli spazi pubblicitari online tra editori e inserzionisti. Quello del digital advertising è un mercato importante perché milioni di persone utilizzano siti web che fanno affidamento sulle entrate pubblicitarie per offrire contenuti gratuiti di alta qualità.
L’autorità antitrust vuole esaminare tre parti della catena, in cui Google gioca un ruolo di primo piano: le demand-side platform che consentono agli inserzionisti di acquistare lo spazio pubblicitario (inventario) degli editori da molte fonti; gli ad exchange che forniscono la tecnologia per automatizzare la vendita dell’inventario attraverso aste in tempo reale; i publisher ad server che gestiscono l’inventario degli editori e decidono le inserzioni da mostrare in base alle offerte ricevute da differenti exchange.
La CMA ipotizza che Google possa distorcere la concorrenza attraverso la limitazione dell’interoperabilità dei suoi ad exchange con i publisher ad server di terze parti e/o imponendo vincoli contrattuali per favorire i suoi servizi. A causa di simili condotte, gli editori possono subire una diminuzione delle entrate dalle inserzioni ed essere costretti a mettere i contenuti dietro un paywall.