Non siamo tutti uguali di fronte alla pandemia e in gran parte questa disuguaglianza può essere letta attraverso le lenti del digital divide. Una ricerca del Capgemini Research Institute ne conferma le dinamiche, a lungo osservate prima dell’impennata dei contagi e sicuramente esacerbata dall’emergenza sanitaria e dall’isolamento delle ultime settimane:
anche senza la pandemia globale il digital divide è legato a tre fattori: età, reddito ed esperienza. Quasi il 40% della popolazione offline che vive in condizioni di povertà non ha mai utilizzato internet per via del costo proibitivo, e la fascia d’età con la più alta percentuale di componenti offline nel campione è quella tra i 18 e i 36 anni (43%). Complessità d’uso di internet (65%) e “mancanza di interesse” legata a una sensazione di paura (65%) sono state citate anche da alcuni segmenti della popolazione offline. Queste ragioni fanno sì che le persone non siano in grado di accedere ai servizi pubblici, come informazioni sanitarie essenziali, dato che i governi fanno sempre più affidamento su risorse online.
La situazione italiana è chiara ormai da tempo: il digital divide è concausa di un circolo vizioso che si lega strettamente alla mancanza degli elementi basilari di alfabetizzazione per una fetta troppo ampia di popolazione. Molti ricorderanno come a monte del digital divide italiano vi fosse la nota scusante del “non v’è sufficiente domanda” che portava alla mancanza di vantaggio economico nello scommettere sulle reti di nuova generazione.
L’elemento economico è venuto meno con il tempo, ma si è lasciato dentro il pesante strascico dell’elemento culturale: l’analfabetismo digitale è elemento ostativo all’accesso a gran parte di opportunità e lo strappo di questa improvvisa emergenza potrebbe lasciare sul campo un genere di isolamento ben più grave di quello generalmente legato al rapporto tra cittadini e diritti in chiave digitale.
Digital divide e inclusione sociale
Di fronte all’emergenza, però, non tutti si sono trovati di fronte alla medesima situazione:
- la mancanza di connettività può portare a sentimenti di isolamento, inadeguatezza o solitudine: il 46% degli intervistati offline ha dichiarato che si sentirebbe più connesso con gli amici e la famiglia se avesse accesso a internet;
- solo il 19% della popolazione offline che vive in condizioni di povertà ha dichiarato di aver richiesto un sussidio pubblico negli ultimi 12 mesi per motivi legati a reddito, età, disabilità o qualsiasi altro fattore. Questo potrebbe rappresentare un problema quando l’e-Government e i servizi pubblici online diventeranno sempre più diffusi;
- come conseguenza della trasformazione digitale dei servizi pubblici e delle crescenti difficoltà nella gestione delle proprie pratiche, il 34% degli intervistati ha espresso interesse nell’utilizzo di internet per richiedere sussidi pubblici come quelli legati all’alloggio, ai beni alimentari e all’assistenza sanitaria.
A tutto ciò si aggiungano le difficoltà delle famiglie improvvisamente costrette ad una scuola in remoto laddove mancavano sia gli strumenti di collegamento, sia le necessarie competenze (ed il problema è ben più diffuso di quanto non possa sembrare). L’impatto dell’emergenza sui digital divisi è pertanto una morsa a tenaglia che comprime i diritti e azzera le opportunità.
Per i più pragmatici si tratta di una selezione naturale, teorema che non può certo essere smentito; tuttavia uno Stato di Diritto ha il dovere di non lasciare nessuno indietro e di pensare al “poi” anche in questi termini: laddove si annida il digital divide (sia strumentale che culturale), si sta creando un terreno denso di effetti collaterali dannosi per l’organismo statale e per il futuro del singolo cittadino. Ciò che era un problema noto prima, sarà però un problema ben più ampio poi, dividendo chi ha opportunità a disposizione da chi non le ha:
Sulla scia di questa pandemia, ci aspettiamo che il digital divide venga colmato. Per esempio, le persone anziane che non hanno mai sentito il bisogno di un accesso al mondo digitale si troveranno rapidamente a dover utilizzare gli strumenti digitali per le interazioni sociali o per l’acquisto di beni. Tuttavia, in questo caso si tratta di soggetti che hanno la possibilità di accedere a internet e che precedentemente hanno scelto di non farlo. L’impatto sarà maggiore tra le fasce di popolazione che ancora non possono utilizzare i servizi online, sia per via dei costi sia per la mancanza di una infrastruttura locale. Ci sarà un effetto polarizzante, soprattutto per chi già vive o rientra nella soglia di povertà
Alessandra Miata, HR Director e CSR Head di Capgemini Business Unit Italy
L’inclusione digitale è anche questo: è inclusione sociale, soprattutto quando le basi minime della socialità vengono meno a causa del distanziamento ed i rapporti online diventano un salvagente – che non è però a disposizione di tutti.