Che la Digital Tax sia un nervo scoperto è cosa nota da tempo. Da anni, anzi. Fin dalla sua originaria formulazione, infatti, non si è riusciti ad andare oltre alla mera ipotesi. Oggi l’Italia fa però parte di un piccolo gruppo di nazioni che sta cercando di scardinare il meccanismo con un’opera diplomatica finalizzata al raggiungimento del risultato: l’obiettivo è quello di abbassare leggermente l’asticella per poter tirare a bordo un consenso quanto più ampio possibile, avendo così a disposizione armi ben più solide nel confronto con la controparte USA.
Digital Tax, l’Italia c’è
La prima formulazione di una Digital Tax di colore europeo (e non nazionale) era stata disinnescata dalle minacce di Donald Trump. Un secondo approccio formale ha portato gli USA a ritirarsi del tutto dalle trattative, cosa che ha rischiato di portare ad un muro-contro-muro che avrebbe probabilmente innescato una guerra di tariffe simile a quella tra USA e Cina. Ora siamo di fronte all’ennesimo tentativo, svelato in questo caso da Bloomberg sulla base di documenti USA: Italia, Francia, Regno Unito e Spagna avrebbero preparato una formulazione tale per cui un accordo, si stima, potrebbe arrivare nel giro di un anno.
La proposta consiste in una sorta di approccio graduale che inizialmente includerebbe solo ed esclusivamente le attività “solo digitali”. Lo scopo è chiaro: evitare che Google, Facebook e simili possano continuare con il lasciapassare del “doppio sandwich” che consente di eludere – legalmente – le tasse in Europa. Questo trattamento non è più tollerabile e la cosa è ormai diventata parte del patrimonio condiviso dall’opinione pubblica UE, che ora pretende una risposta politica.
Gli Stati Uniti per contro stanno cercando di capire gli effetti delle varie digital tax in preparazione in tutto il mondo, mentre in Europa la battaglia sarà diplomatica tra il Nord e il Sud del continente. Erano i paesi del Nord, infatti, ad opporsi alle formulazioni precedenti e questa mancanza di omogeneità ha indebolito le trattative. Paolo Gentiloni è da tempo a favore di una stretta su questo fronte e l’appello di Mattarella a fine 2019 ha messo la bandierina italiana sulla proposta.