Napoli – “La politica delle fantasticherie sul T-government è finita… Dobbiamo dire la verità al mercato e ai cittadini”. Questi i toni dell’intervento del ministro alle Comunicazioni Paolo Gentiloni nel corso di un convegno sul digitale terrestre che si è tenuto nel capoluogo partenopeo, un intervento che ridisegna l’avvento del DTT in Italia .
Gentiloni è stato chiaro: perché l’Italia riesca ad effettuare un “passaggio vero” alla televisione digitale con l’abbandono della tv analogica, il cosiddetto switch-off , molti passi devono ancora essere fatti e non si può più ricorrere ai finanziamenti pubblici per l’acquisto dei decoder, visto l’altolà che è arrivato da Bruxelles. Se tutto andrà bene, dice il Ministro, se il Governo riuscirà a coordinare gli sforzi del pubblico e del privato, si potrà giungere ad un DTT reale nel 2012 , ossia dopo la fine dell’attuale legislatura, quando in Parlamento potrebbe sedere una maggioranza diversa dall’attuale.
D’altra parte si tratta di una via obbligata a causa della scarsa diffusione dei decoder, degli annosi problemi della copertura e, soprattutto, della cristallizzazione del mercato televisivo sulla quale l’Europa entro pochi giorni con ogni probabilità – come ha ricordato lo stesso Gentiloni – aprirà una procedura di messa in mora contro l’Italia . “È possibile – dichiara il ministro – che questa formale apertura ci venga comunicata il 21 luglio e successivamente, in tempi più solleciti possibili, risponderemo alla UE, sottolineando che il fatto che il governo sta predisponendo ed ha già annunciato in più occasioni modifiche alla Legge 112 che vanno esattamente nella direzione auspicata dalla procedura di infrazione”.
La reazione all’iniziativa europea è già nei programmi del Governo: smantellamento dei nodi più controversi della Legge Gasparri e costituzione di un organismo di coordinamento per il DTT che sia formato non solo dagli attuali membri della DGTVi ma anche da altri editori e dai consumatori . “La certezza – ha spiegato – è che bisogna allineare l’Italia al traguardo europeo, cioè il 2010-2012. Dobbiamo creare le condizioni per una tv interamente digitale nel 2012: non sono le calende greche, ma una data realistica, un traguardo al quale dobbiamo lavorare insieme”.
In ballo, evidentemente, i contenuti televisivi su DTT : non a caso a Napoli i grandi della televisione (RAI, Mediaset e Telecom Italia) hanno firmato un progetto con le reti locali per dar vita a Tivù , offerta gratuita che si avvarrà anche di servizi interattivi e che avrà il compito da un lato di ridurre i costi di produzione dall’altro di attirare più pubblico sul DTT. La RAI secondo Gentiloni dovrà in questo senso giocare un ruolo di primo piano e al convegno di Napoli si è già deciso come: si ritoccherà il canone RAI per consentire alla RAI di giocare un ruolo di “traino”, essendo impegnata come servizio universale in qualità di servizio pubblico.
Ma, a parte il canone, il nodo di sempre e che oggi assurge ad un’assoluta centralità è quello delle frequenze televisive e, in definitiva, della gestione del mercato della tv digitale. Adiconsum l’anno scorso ha denunciato a Bruxelles la Legge Gasparri proprio perché poneva il mercato, secondo l’associazione dei consumatori, nelle mani dei soliti noti e la reazione della UE si deve in primis proprio a quella denuncia. Un’accusa facile: la Gasparri dà spazi privilegiati nel DTT a chi già opera nell’analogico, una situazione che non piace a Bruxelles.
Ed è quindi ovvio che ora Adiconsum esulti e che si prodighi in puntualizzazioni, invece, l’ex ministro Maurizio Gasparri. Quest’ultimo su Rai Utile ha sostenuto che l’ex maggioranza ha “agito in coerenza con le leggi fatte dalla sinistra che consentivano l’acquisto e la compravendita delle frequenze. Le operazioni fatte in base a queste norme e da noi successivamente, sono state tutte avallate dall’Antitrust”. E a Napoli ha sostenuto che “dopo la mia legge sono entrati tre operatori nuovi nel mercato televisivo”.
La questione dell’ esproprio televisivo è il muro di fuoco che l’attuale maggioranza dovrà fronteggiare nel riformare la Gasparri.”Il problema – ha avvertito Gasparri – è il seguente: che fare con chi ha acquistato le frequenze nel rispetto delle norme vigenti e sottoponendo l’operazione all’antitrust? Sarà espropriato? Sarebbe una follia sovietica”. Tesi che sembrano condivise anche dal presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, secondo cui “ci sono avvoltoi che aspettano il nostro dimagrimento”.
L’attuale normativa, a giudizio della UE, è sbilanciata a favore dei due maggiori operatori: il 46% degli impianti e delle frequenze per la trasmissione analogica è detenuto dalla RAI, il 36% è di Mediaset. Per il digitale terrestre, invece, è Mediaset a controllare il 41% di frequenze e impianti, contro il 12% della RAI. La UE teme infatti che le difficoltà che hanno caratterizzato il mercato della tv analogica, in cui due player operano in un regime di sostanziale duopolio, si possano trasferire su quella digitale. Un timore condiviso anche da molti contribuenti che, volenti o nolenti, hanno pagato di tasca propria i decoder che avrebbero dovuto garantire lo switch-off già nel 2006.
Dario Bonacina
Alberigo Massucci