Lo abbiamo visto viaggiare per il mondo, visitare meraviglie di ogni tipo, esplorare luoghi dove ognuno di noi avrebbe voluto essere. Ma lo abbiamo anche visto turista di una delle grandi meraviglie nascoste dell’Italia: la piccola impresa. Il viaggio di Patrizio Roversi questa volta è quello con Digitali per Caso, avventura vissuta insieme a Registro .it per andare a cercare quelle piccole grandi perle dell’imprenditoria italiana che hanno saputo attingere al digitale per cercare nuova linfa per le proprie attività.
Le puntate di Digitali per Caso sono disponibili online qui ed oggi abbiamo la possibilità di parlarne direttamente con Patrizio Roversi che in quelle aziende è entrato, con quegli imprenditori ha parlato e quelle realtà le ha toccate con mano.
Digitali per Caso, e per virtù
Patrizio Roversi e Digitali per Caso: un viaggio fatto nel 2019, ma che nel post-pandemia viene ad assumere un significato ancora più profondo. Insomma:
Quanto ti hanno meravigliato le realtà incontrate lungo quel percorso lungo tutto lo Stivale?
Molto, davvero. Mi hanno sorpreso. Il Digitale per Caso ero io: sono degli anni ’50, mi sono formato negli anni ’60, non sono certo un nativo digitale. Anzi, ammetto di essere per certi versi anche uno scettico e di avere una certa diffidenza e distanza rispetto a certe manifestazioni dei social network. Tuttavia gli effetti positivi sono innegabili e in Digitali per Caso sono emerse proprio queste sfumature. In quelle realtà, infatti, il digitale non si è rivelato soltanto come un elemento positivo, ma mi spingo a dire che è un elemento vitale in tutto e per tutto, foriero sia di sviluppo economico che di valore relazionale.
Quali caratteristiche comuni hai riscontrato in quelle aziende?
Quelle aziende hanno fatto una rivoluzione. Nel digitale hanno trovato non soltanto uno strumento come tanti ce ne sono, ma un vero motivo di esistere e sopravvivere. Quelle aziende hanno saputo aprirsi e andare oltre i rispettivi contesti, dentro i quali non avrebbero potuto trovare le risorse e la clientela per poter portare avanti la loro vocazione, le loro storie e i loro talenti. Si sono quindi aperte al mondo tramite il digitale e le conseguenze positive che ne sono derivate sono la più grande sorpresa positiva che ho incontrato. Se c’è qualcosa che le lega, mi sento di dire che è la “relazione”: è ciò che hanno saputo costruire con il digitale ed è ciò che ha infine generato valore, comunità, capacità di rilanciarsi.
Hai incontrato alcune aziende, ma molte e molte altre ce ne sono: quanto potenziale c’è ancora da esprimere?
Molto, moltissimo, ma mi sento di aggiungere un dettaglio importante. Non è una questione quantitativa, ma qualitativa. Molte aziende (e persone) devono ancora capire che lo strumento deve essere utile e, al contempo, non deve mai prendere il sopravvento. Serve dunque arrivare ad una vera qualità di approccio e di atteggiamento. Le aziende che abbiamo incontrato con Digitali per Caso non si distinguono soltanto per il fatto che usano gli strumenti del digitale (un dominio .it, un sito web, i social, l’e-commerce), ma soprattutto per il fatto che lo hanno saputo fare bene, nella forma e nella sostanza. Questo fa la differenza.
Da una parte c’è il problema che chi ha accesso a queste potenzialità, spesso le sfrutta male. Dall’altra c’è un problema opposto: c’è un forte squilibrio tecnologico nella società e proprio le persone che più avrebbero bisogno del digitale si trovano a non avere a disposizione né gli strumenti per l’accesso, né le competenze necessarie. Ne parlavo nei giorni scorsi con un responsabile Caritas: c’è una incredibile povertà digitale nella nostra società. Questo può escludere dalle potenzialità esistenti e può indurre ad un nuovo fenomeno di marginalizzazione. Per questo chi ha le possibilità ha anche il dovere di far propria quella qualità che può fare la differenza, approfittando di strumenti tanto potenti per produrre e sviluppare del bene.
Quale o quali puntate di Digitali per Caso ti sono più rimaste nel cuore?
Sarò sincero fino in fondo: davvero tutte. Non per vanagloria (il merito è tutto di chi è venuto a raccontarsi), ma perché ogni azienda è unica, ogni titolare ha scritto una storia a sé ed a tutte mi è rimasto un ricordo affettuoso. Potrei citare la Cascina “I Carpini”, che ha saputo costruire prima di tutti gli altri una vera e propria comunità attorno ai propri vini; la Farmacia Serra di Genova, che immagino possa aver avuto un ruolo importante durante il Covid grazie alle relazioni precedentemente costruite online; Mulinum, ragazzi che con il crowdfunding hanno ristrutturato un mulino e ora macinano grani antichi per ottenere farine eccezionali; i Fratelli Levaggi di Chiavari, che ora esportano le note sedie ovunque; SMC Ricambi, che ha superato l’isolamento geografico proprio grazie alla rete e ora distribuisce in tutta Italia; la libreria Scatola Lilla, oggi in rete con altre librerie di nicchia; incredibile anche il Wool Crossing, una vera e propria community globale per chi lavora a maglia con i ferretti. Storie pazzesche, nelle quali si è fatto del digitale una virtù senza mai intaccare la vocazione e l’identità iniziale.
Le puntate di Digitali per Caso sono tutte disponibili online. A chi le consiglieresti? Chi può trarre maggior vantaggio e ispirazione da questi simpatici racconti?
Possono tornare utili a tutti. A chi ancora non ha conosciuto il sapore del digitale e a chi se ne abbuffa ogni giorno. Quel che spero è che possano essere utili soprattutto per il fatto che raccontano storie positive, potenzialità positive. Il digitale ha portato squilibri non da poco nell’autorappresentazione e nel linguaggio, per questo resto scettico per molte realtà che vedo. Al tempo stesso questi esempi mi hanno raccontato (ci hanno raccontato) che un’alternativa virtuosa esiste eccome.
Quando si fa un uso sano del digitale, è questa una cosa che scalda il cuore attraverso vere emozioni. Genera speranza – e quanto ne abbiamo bisogno di speranza. Ma per arrivare ad un uso sano e virtuoso del digitale bisogna davvero lasciarsi ispirare da chi ne ha fatto buon uso, perché è soltanto superando l’attuale sbornia tecnologica che arriveremo ad una metabolizzazione vera dello strumento, fino a farne una componente salda del nostro modo di essere e di fare impresa. Sono scettico ma fiducioso, perché da Digitale per Caso ho visto esempi meravigliosi, persone incredibilmente interessanti e storie che davvero val la pena vivere e raccontare.