Lo scontro che negli ultimi giorni ha visto Twitter e Trump arrivare ai ferri corti non poteva lasciare indifferente il social network per eccellenza, Facebook, intervenuto nel fine settimana con un post del suo numero uno Mark Zuckerberg per spiegare la scelta di non censurare e nemmeno eseguire il fact checking sugli interventi dell’attuale Presidente USA, nel nome della libertà di espressione.
FB e Trump: dipendenti chiedono presa di posizione
Una posizione non condivisa da buona parte dei dipendenti di Zuckerberg, alcuni dei quali hanno scelto di affidare proprio a Twitter il loro disappunto, prendendo così le distanze dalla politica dell’azienda per cui lavorano. Ne riportiamo qui alcuni esempi.
I work at Facebook and I am not proud of how we’re showing up. The majority of coworkers I’ve spoken to feel the same way. We are making our voice heard.
— Jason Toff (@jasontoff) June 1, 2020
A infuocare la discussione anche le uscite di Trump a proposito delle proteste montate negli Stati Uniti in seguito all’uccisione di George Floyd da parte di un agente di polizia.
I don't know what to do, but I know doing nothing is not acceptable. I'm a FB employee that completely disagrees with Mark's decision to do nothing about Trump's recent posts, which clearly incite violence. I'm not alone inside of FB. There isn't a neutral position on racism.
— Stirman (@stirman) May 30, 2020
Una visione a quanto pare largamente condivisa da chi è impegnato in prima persona per Facebook.
Internally we are voicing our concerns, so far to no avail. I personally will continue to bring it up until something has is changed. https://t.co/JE8SYttOM1
— Sara Zhang 张雪露 (@superrrsara) May 29, 2020
Sono in tanti a ritenere si debba fare qualcosa a proposito dei post da più parti etichettati come incitamento alla violenza condivisi da Trump.
I am in the same boat. There is no way we will continue to do nothing. https://t.co/aYUeiNDj79
— MS (@wordstern) May 31, 2020
Dal canto suo Mark Zuckerberg si è definito personalmente in disaccordo con le uscite del tycoon, giustificando però come già scritto con la volontà di tutelare la libertà d’espressione la scelta di non intervenire sui suoi post, nemmeno sottoponendoli al fact checking.
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Considerando come la campagna elettorale andrà accendendosi in vista delle Presidenziali 2020 in programma a novembre è lecito attendersi un’estate infuocata per quanto concerne la discussione online a proposito del prossimo inquilino della Casa Bianca.