L’approvazione di ieri al Parlamento Europeo della revisione riguardante le direttive che regolano il mercato dei servizi audiovisivi e delle piattaforme VOD (Video On-Demand) deve ora solo superare il passaggio al Consiglio dei Ministri prima che la legge entri in vigore. Gli stati membri avranno poi a disposizione 21 mesi per integrarne le indicazioni nei rispettivi codici nazionali. Come già abbiamo avuto modo di scrivere in seguito alla votazione, tra le finalità del testo anche quella di garantire un maggiore sostegno all’industria dell’intrattenimento nel continente, coinvolgendo in modo diretto le realtà che hanno costruito il loro business proprio su questa modalità di distribuzione dei contenuti.
Netflix & co.
L’EU cita in modo diretto Netflix e Amazon Prime Video, ma anche Google Play e iTunes: il catalogo offerto negli stati membri sarà composto almeno per il 30% da contenuti di produzione europea e questi dovranno essere messi in evidenza agli occhi degli utenti. Inoltre, le piattaforme sono chiamate a contribuire allo sviluppo delle produzioni continentali, attraverso investimenti diretti oppure sostenendo i fondi nazionali con uno sforzo proporzionato alle entrate generate nel paese in cui operano.
Va sottolineato come alcuni big dello streaming si siano già mossi autonomamente in questa direzione. Prendiamo Netflix, ad esempio, che nel suo impegno finalizzato a mantenere e consolidare la propria leadership offrendo contenuti originali ha scelto paesi europei per alcune delle sue produzioni, Italia compresa. È inoltre dei mesi scorsi l’annuncio dell’apertura del primo European Production Hub a Madrid. Ciò che fa l’Europa è dunque imporre a quei big dei video online, nella maggioranza dei casi di natura americana, una maggiore attenzione nei confronti dell’industria dell’entertainment dei territori in cui erogano il servizio.
Il gruppo di Reed Hastings si è pronunciato di recente in merito alle strategie messe in campo al fine di supportare l’industria dei contenuti locale, in tutto il mondo. Questo un estratto da un comunicato attribuito a Ted Sarandos (Chief Content Officer) e risalente al mese di aprile.
Con oltre 100 progetti europei al lancio quest’anno, siamo impegnati nel dare voce all’intrattenimento europeo, offrendo agli appassionati creatori di contenuti locali una piattaforma globale attraverso cui condividere la loro visione e permettendo agli utenti di tutto il mondo di scoprire e godersi storie uniche e diverse, ovunque, in qualunque momento e indipendentemente dalla loro lingua di origine. Questo è solo l’inizio del nostro viaggio.
Una dichiarazione d’intenti, in linea con quanto disposto oggi dal Parlamento Europeo con l’approvazione di nuove norme che fissano una quota minima per la composizione dei cataloghi. Una doverosa precisazione: abbiamo citato Netflix in quanto attuale numero uno del mercato, ma le stesse dinamiche andranno ad applicarsi anche alle altre piattaforme.
Cosa cambierà?
Cosa cambierà, dunque? Probabile l’arrivo sui servizi di streaming di contenuti sempre più localizzati, così da rispondere a un’esigenza normativa che mira a sostenere l’industria continentale, spesso schiacciata da quella d’oltreoceano per ragioni facilmente comprensibili. Non avverrà in ogni caso nell’immediato.
Viene inoltre posto l’accento sull’esigenza di tutelare i minori attraverso l’introduzione di misure maggiormente efficaci, essendo questa fascia d’utenza sempre più destinataria e fruitrice dello streaming e del VOD. Anche in questo caso andranno stabiliti gli step da percorrere per il raggiungimento dell’obiettivo: si parla di PIN e strumenti avanzati per il parental control, ma anche del divieto di sfruttare i dati personali dei più piccoli a fini commerciali, di profilazione o per la distribuzione di messaggi pubblicitari mirati. Finalità del tutto simile per quei passaggi del testo che fanno riferimento ai contenuti violenti, all’incitazione all’odio e al terrorismo. Ancora, pugno duro nei confronti della pornografia.
Come sottolineato dai relatori stessi, la nuova direttiva è frutto di un lungo e complesso negoziato, protrattosi per oltre due anni. La revisione finale tiene dunque conto delle obiezioni sollevate in sede di discussione ed è in qualche modo definita “perfettibile” dalla stessa Commissione che l’ha accompagnata lungo il suo iter. Ad esempio, si potrebbe fare ancora di più per proteggere i bambini, andando oltre l’obbligo di implementare strumenti come la verifica dell’età o il già citato parental control.
Alcuni importanti risultati sono ad ogni modo stati raggiunti, apportando aggiornamenti a una disposizione vecchia ormai sei anni, in considerazione dei profondi cambiamenti che in questo periodo hanno interessato il mercato. L’attenzione è posta anzitutto sul fatto che un contenuto è considerato audiovisivo indipendentemente dal mezzo su cui viaggia: in altre parole i media più tradizionali e le piattaforme online vengono ora posti sullo stesso piano e fatti oggetto del medesimo trattamento.
A livello legislativo è inoltre ora prevista la creazione di una banca dati degli operatori che servirà a meglio individuare e gestire le responsabilità in caso di violazioni. Vi si aggiungono le disposizioni relative all’accessibilità dei contenuti da parte di soggetti con disabilità visive e uditive.
Intervista a Silvia Costa
Abbiamo approfondito alcuni aspetti chiave della nuova direttiva con l’europarlamentare Silvia Costa, in seguito alla conferenza stampa sul tema, per meglio comprendere cosa cambierà alla luce del testo approvato ieri a Strasburgo.
Nel suo intervento ha parlato di una banca dati in cui verranno iscritti gli operatori del mercato. Quali saranno i criteri per l’inclusione e quali gli obiettivi?
Tutti gli operatori che sono attivi in uno stato membro e che lì hanno la loro sede o la maggior parte dei loro dipendenti, devono fornire con trasparenza alla Commissione Europea i dati richiesti. La Commissione stessa li inserirà in una banca dati centrale accessibile da tutte le authority nazionali. Questo servirà a meglio chiarire chi è presente e dove, qual è l’offerta e l’attività svolta.
Una novità è costituita dal poter definire chi è competente dal punto di vista giurisdizionale, ovvero lo stato membro in cui vi è la sede. In caso di necessità, l’authority nazionale attraverso il coordinamento di ERGA farà sì che la Commissione stabilisca se si tratta di una violazione o meno.
Si parla della necessità di porre in evidenza sulle piattaforme il tanto chiacchierato 30% di contenuti di produzione europea, ma dal punto di vista tecnico come avverrà?
La domanda è giusta. È ancora da stabilire nel dettaglio. Le faccio l’esempio di Netflix, che ho incontrato di recente: bisognerà adeguare l’algoritmo oggi impiegato in Europa al fine di mettere in evidenza questi contenuti, a prescindere dalle preferenze e dalle abitudini dell’utente. La loro risposta è che ci stanno lavorando.
Relativamente alle nuove norme finalizzate alla protezione dei minori, non stiamo parlando di piattaforme che già attuano tutele di questo tipo?
Così dicono. Noi vogliamo come prima cosa che per i minori si parli di co-regolamentazione e non autoregolamentazione. Questo è il vero passo in avanti. Abbiamo poi reso più chiaro il meccanismo: in caso di violazione c’è l’authority che interviene e può sanzionare, sulla base di una denuncia o di una segnalazione.
Il problema è: come può l’utente inoltrare una segnalazione? Per questo si prevede che tutti gli operatori attivi in Europa debbano dotarsi di un meccanismo trasparente e accessibile all’utente per farlo. C’è inoltre l’obbligo del notice and take down e, in seguito alla segnalazione, di riferire all’autore a cosa ha portato. Se questo non viene fatto interviene l’authority.