La Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo ha ritenuto che un sito di notizie estone può essere ritenuto responsabile dei commenti pubblicati sulle sue pagine da utenti anonimi.
Il caso vede un giornale estone, Delfi AS, condannato dalla giustizia locale per commenti offensivi pubblicati dai propri lettori sotto alcuni articoli online riguardanti un’azienda di traghetti. Il caso non è arrivato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (il ricorso alla quale non è stato permesso dai tribunali estoni), ma alla Corte dei diritti dell’Uomo a cui il giornale si è rivolto per difendere la libertà di espressione garantita dalla sua sezione di commenti.
La Grande Camera della Corte di Strasburgo, tuttavia, dopo un giudizio di primo grado nel 2013, per cui Delfi ha fatto ricorso, è arrivata a tale conclusione soppesando “la natura estrema dei commenti paragonabili ad un discorso di odio, il fatto che a pubblicarli sia stato un sito professionale e commerciale di notizie” ed inoltre “le misure insufficienti adottate da Delfi per rimuovere i commenti in questione”, “l’improbabilità dell’esercizio della giustizia in via legale nei confronti degli utenti che hanno postato tali commenti” e le sanzioni moderate previste dal giornale. Tutto questo è stato considerato dai giudici più importante del diritto alla libertà di pensiero e parola invocata da Delfi e del diritto alla privacy degli utenti intervenuti nei suoi commenti.
Nella sentenza definita da più parti inaspettata, dunque, si supera il principio della non responsabilità degli intermediari, sancito a livello europeo.
La decisione, in ogni caso, per il momento non influenza la normativa europea : si limita ad affermare che la responsabilità per i siti prevista dalle leggi estoni non sono incompatibili con i principi della European Convention on Human Rights . Niente viene invece detto rispetto alla normativa di riferimento europea in materia di responsabilità degli intermediari e probabilmente le conclusioni sarebbero state diverse se il caso fosse arrivato alla Corte di Giustizia Europea.
Tuttavia la decisione del tribunale di Strasburgo rischia, secondo gli osservatori , di pesare sul futuro se verrà adottata per le interpretazioni dei giudici : in particolare potrebbe incoraggiare l’idea che gli intermediari siano responsabili dei contenuti “manifestamente illegali” generando così un dovere di intervento maggiore, connaturato ad un vero e proprio monitoraggio proattivo dei contenuti generati dagli utenti , rispetto a quello previsto dalla normativa europea, che fa scattare la responsabilità solo in seguito alla notifica da parte dei diretti interessati.
Per questo la sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo preoccupa e ha spinto il gruppo di 27 organizzazioni media MLDI ad intervenire spiegando che tale sentenza rischia di costringere i siti di notizie a chiudere la sezione dei commenti o ad operare direttamente censurando i commenti che a suo insindacabile giudizio risultino offensivi. Tutte soluzioni che rischiano di limitare duramente il dibattito pubblico.
Claudio Tamburrino