Google, come previsto dagli osservatori dopo la storica e inattesa sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha ricevuto le prime richieste di rimozione di contenuti specifici tra quelli offerti fra i risultati di ricerca , in base al rispetto dei dati personali delle persone coinvolte: tutti, ora, si ricordano di far valere il proprio diritti all’oblio.
Si tratta delle prime conseguenze della decisione con cui i giudici UE hanno stabilito che Google e gli altri search engine sono tenuti a ricevere segnalazioni dei cittadini, a valutarle, e ad accogliere le richieste di rimozione di certi link dai propri risultati di ricerca nel caso in cui ritenga che il diritto alla privacy debba prevalere sul diritto alla libera circolazione dell’informazione.
Esprimendosi sul caso sollevato dal cittadino spagnolo Mario Costeja González, il cui nome compariva tra i risultati offerti da Google legato all’asta di immobili sottoposti a pignoramento 16 anni prima, la Corte di Lussemburgo è arrivata fissare un punto fermo nella complicata a frastagliata materia del diritto all’oblio: secondo il giudice europeo Google, in virtù della sua missione di organizzare e rendere disponibile l’informazione ai cittadini della Rete, si configura come un vero e proprio responsabile del trattamento dei dati personali ospitati sulle pagine che contribuisce a rendere rintracciabili .
In seguito a tale sentenza, i cittadini europei possono inviare le richieste di rimozione alle autorità locali, oppure rivolgersi direttamente alle aziende coinvolte: Mountain View, che pure ha espresso la propria contrarietà nelle parole del presidente Eric Schmidt, ha intuito la mole della tempesta delle richieste che sarebbero state inoltrate dai cittadini e ha iniziato a meditare su una soluzione tecnica per velocizzare la procedura . In particolare dovrebbe presto mettere a disposizione un tool per richiedere la rimozione circostanziata del link che il cittadino ritiene lesivo del proprio diritto alla vita privata.
Intanto le prime migliaia di richieste sono iniziate ad arrivare: così, per esempio, un ex-politico ora in campagna elettorale ha chiesto di veder rimossi i link ad un articolo sulla sua precedente condotta d’ufficio, un uomo condannato per possesso di immagini pedopornografiche quelli relativi al suo caso, un dottore le recensioni negative di alcuni suoi pazienti. Non si tratta dunque di sole memorie imbarazzanti di un passato, magari irrequieto, che si è scelto di condividere con la Rete.
Claudio Tamburrino