Google si è confrontata a lungo con le autorità francesi per l’applicazione del diritto all’oblio fra i propri risultati di ricerca: a fronte di una richiesta di deincidizzazione su scala globale, che agisse su tutti i domini del motore di ricerca, Mountain View ha proposto una soluzione di mediazione, basata sulla effettiva localizzazione di colui che effettui la ricerca. La proposta di Google non ha però soddisfatto la Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés (CNIL), che ha formalizzato la sanzione più volte minacciata.
Google è stata così condannata a pagare una sanzione di 100mila euro: a parere della CNIL, secondo quanto prescritto dal gruppo di lavoro Article 29, il motore di ricerca, nell’accogliere richieste di deindicizzazione dei cittadini, avrebbe dovuto provvedere a rimuovere i link ai risultati inopportuni su ogni declinazione della propria SERP, così che la Rete potesse dimenticare su scala globale.
Google aveva tentato di difendere le proprie posizioni, sostenendo che che agire a livello globale rischierebbe di trasformare il diritto riconosciuto in un determinato paese in una potenziale violazione al di fuori dei suoi confini, ma questa argomentazione non aveva convinto le autorità francesi, che avevano proiettato il dibattito in una dimensione europea, rimarcando che Google, pur avendo base negli States, si sarebbe dovuta adeguare al quadro normativo del Vecchio Continente per come era stato interpretato dalla storica sentenza della Corte di Giustizia dell’UE.
La Grande G è così passata dalle parole ai fatti, e per venire incontro alle richieste della CNIL ha implementato di recente un ingegnoso meccanismo di geoblocking basato sull’indirizzo IP di colui che formula la ricerca: i risultati di ricerca passibili di rimozione, oltre ad essere deindicizzati dai domini europei del motore di ricerca, non sono accessibili a coloro che siano connessi dal paese da cui proviene la richiesta di deindicizzazione, indipendentemente dal dominio a cui si rivolgano.
Questo tipo di soluzione è stata ritenuta dalle autorità francesi un “miglioramento”, tuttavia è stata classificata come “incompleta”: la CNIL sottolinea che i conoscenti di colui che vorrebbe essere dimenticato, se localizzati fuori dall’Europa o fuori dal paese di origine del richiedente, finirebbero per trovare nella SERP di Google.com e dei domini non europei i link indesiderati. Inoltre, osserva l’autorità francese, “certe soluzioni tecniche consentono di aggirare facilmente il sistema di filtri di Google permettendo agli utenti di cambiare la localizzazione del loro indirizzo IP”.
Con queste motivazioni la Francia continua a sostenere la necessità di sanzionare Google.
Google, dal canto suo, ha comunicato di essere intenzionata a ricorrere in appello di fronte alla giustizia amministrativa. “Abbiamo lavorato a lungo per implementare quanto previsto dalla sentenza sul diritto all’oblio in modo attento e completo in Europa e continueremo a farlo – riferisce un portavoce di Mountain View – Tuttavia, per una questione di principio, siamo in disaccordo con l’idea che il CNIL abbia l’autorità di controllare i contenuti a cui possono accedere le persone al di fuori della Francia”.
Gaia Bottà