Diritto d'autore, AGCOM chiede aiuto?

Diritto d'autore, AGCOM chiede aiuto?

di G. Scorza - Un documento firmato dal Professor Onida, ex Presidente della Corte Costituzionale: AGCOM avrebbe chiesto lumi sulla possibilità di obbligare gli ISP a filtrare siti stranieri, quando la previsione era già stata esclusa dalle bozze. Onida avrebbe dato via libera
di G. Scorza - Un documento firmato dal Professor Onida, ex Presidente della Corte Costituzionale: AGCOM avrebbe chiesto lumi sulla possibilità di obbligare gli ISP a filtrare siti stranieri, quando la previsione era già stata esclusa dalle bozze. Onida avrebbe dato via libera

Si infiamma, di nuovo, la discussione attorno allo schema di Regolamento in materia di diritto d’autore online che, stando alle ultime indiscrezioni, l’Autorità sarebbe intenzionata a varare prima che gli attuali Commissari lascino le loro poltrone ai successori, ovvero entro il prossimo mese di maggio. La ragione del revival dell’argomento è rappresentata dalla diffusione di un parere del Professor Valerio Onida, ex Presidente della Corte Costituzionale.
La conclusione cui perviene il Professor Onida arriva come un secchio di benzina sul fuoco del dibattito svoltosi sin qui: l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ben può – secondo l’ex Presidente della Corte Costituzionale – dettare le regole del diritto d’autore online, potendo persino spingersi ad auto-attribuirsi il potere di ordinare agli internet service provider di bloccare l’accesso ai siti stranieri attraverso i quali vengano diffusi contenuti protetti da diritto d’autore .
Merito e metodo del parere – pure autorevole – lasciano, tuttavia, perplessi.
Cominciamo dal metodo e dai molti misteri che avvolgono la vicenda.

Il parere, innanzitutto, non è intestato . Con la conseguenza che non è dato sapere chi lo abbia commissionato al Professor Onida.
Sembrerebbe – stando a quanto reso noto da La Repubblica – che a richiederlo sia stata l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
È un fatto non secondario e che non può essere sottovalutato. È, infatti, evidente che le conclusioni di un parere, risentono, in genere – anche quando la firma è tanto autorevole come in questo caso – delle indicazioni del cliente. Trasparenza avrebbe, dunque, voluto che il parere fosse diffuso con una puntuale indicazione della “commessa”. Sul sito dell’Autorità non vi è, tuttavia, traccia del parere, né vi è alcun comunicato stampa che ne accompagni la diffusione.
Egualmente, il parere, non contiene alcuna indicazione relativa allo specifico quesito che il “cliente” dovrebbe aver posto al Professor Onida.
Si tratta, ancora una volta, di un profilo che rende difficile contestualizzare le conclusioni cui perviene l’ex Presidente delle Corte Costituzionale.
Sono le conclusioni di un autorevole e stimato avvocato dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni o, invece, quelle di carattere obiettivo e scientifico di un ex Presidente della Corte Costituzionale, grande conoscitore dei temi legati alla libertà di informazione ed all’art. 21 della Costituzione?
È un quesito di non secondaria importanza.

Ma c’è di più. Ad infittire il mistero sulle circostanze nell’ambito delle quali il parere è stato richiesto e rilasciato sono le conclusioni cui il Professor Onida perviene: ” Si può dunque concludere – scrive Onida – che il regolamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può prevedere, nel caso in cui si accertino violazioni sistematiche dei diritti d’autore conseguenti alla diffusione in rete, senza il consenso degli aventi diritto, di contenuti protetti, misure di tipo ordinatorio e interdittivo che prescrivano ai prestatori dei servizi di connettività e di accesso alla rete di precludere ai loro utenti l’accesso a siti, ubicati fuori dal territorio nazionale i, quali pratichino sistematicamente la “pirateria informatica” “.
Sul merito di questa conclusione si tornerà tra un istante.

In questa sede preme evidenziare come nell’ottobre del 2011 , periodo a cui risale il documento di Onida, l’AGCOM avesse già deciso – sulla base della consultazione pubblica sulle linee guida del Regolamento – di stralciare dal testo della bozza di provvedimento le disposizioni originariamente annunciate relative, appunto, alla riserva, ad essa medesima, del potere di ordinare agli internet service provider di bloccare l’accesso, dall’Italia, a siti stranieri coinvolti nella diffusione di materiale pirata. Lo schema di Regolamento approvato con la Delibera 398 del 6 luglio 2011, infatti, non contiene alcuna previsione in tal senso.
Perché, dunque, dopo aver scelto – salvo che non si trattasse solo di un bluff per quietare le polemiche e le contestazioni divampate in Rete – di stralciare queste disposizioni, l’Autorità avrebbe dovuto chiedere un tanto autorevole parere – addirittura ad un ex Presidente della Corte Costituzionale – sulla loro legittimità e sull’effettiva legittimazione, da parte sua, ad emanarle?
È una circostanza che appare indecifrabile ed incomprensibile.

Mentre, infatti, avrebbe avuto senso che l’AGCOM chiedesse un parere sulle disposizioni dello schema di regolamento posto in consultazione pubblica nel luglio del 2011, è difficile comprendere per quale ragione l’Autorità avrebbe dovuto chiedere un parere su principi e previsioni non più in discussione. Doveva, infatti, prevedersi il rischio che ora si sta verificando: un autentico cortocircuito istituzionale ed una cattiva gestione da parte dell’AGCOM della consultazione pubblica.
È, infatti, evidente – se la ricostruzione dei fatti fosse corretta – che non si indice una consultazione pubblica su uno schema di regolamento con la riserva mentale – che oggi appare provata dalla richiesta di parere al Professor Onida – di introdurre poi in extremis nel testo del provvedimento definitivo delle previsioni non sottoposte a consultazione e che, peraltro, sono esattamente quelle al centro del dibattito più vivace tra gli addetti ai lavori.
Se questo fosse avvenuto, il comportamento dell’AGCOM sarebbe gravissimo. L’Autorità avrebbe agito in modo assai poco trasparente e “preso in giro”, nella sostanza, quanti hanno partecipato alla consultazione pubblica.
Tante, dunque, le perplessità di metodo legate al parere diffuso nelle scorse ore dal Prof. Onida.
Non sono, peraltro, minori, i dubbi relativi al merito delle conclusioni cui l’ex Presidente della Corte Costituzionale è pervenuto.

Il Professor Onida è innanzitutto evasivo – per usare un eufemismo – e, forse, contraddittorio, in relazione ad una questione ormai da tempo al centro del dibattito sull’iniziativa regolamentare dell’AGCOM: può l’Autorità dettare le regole – che essa stessa dovrà poi applicare – relative alla circolazione dei contenuti online anche al di fuori della materia della fornitura di servizi media audiovisivi in relazione alla quale tale potere le è stato specificamente attribuito dal famigerato Decreto Romani?

Va premesso che in materia di limiti e restrizioni alle libertà, e dunque anche della libertà di diffusione del pensiero – scrive Onida – vale certamente il principio costituzionale della riserva di legge, per cui occorre una base legislativa che sorregga gli interventi limitativi e repressivi. Tuttavia la riserva di legge non è sempre di tipo “assoluto” tale cioè da escludere totalmente la possibilità di interventi di fonti subordinate alla legge, ma è spesso “relativa”, nel senso che è soddisfatta quando sussista una sufficiente base di legge che può essere integrata e specificata da fonti subordinate “.
Secondo Onida tale esigenza, nel caso di specie, sarebbe soddisfatta dalla delega – sostanzialmente in bianco – contenuta nel Decreto Romani e dalla circostanza che la possibilità di provvedimenti rivolti ai provider a tutela del diritto d’autore sarebbe, genericamente, prevista nella disciplina sull’e-commerce.
Francamente non è la risposta che ci si attende da un autorevole costituzionalista come il Professor Onida.

Basta davvero secondo Onida che il legislatore riconosca ad un’Autorità il compito di dettare le regole per il rispetto del diritto d’autore da parte di una specifica categoria di soggetti (i fornitori di servizi media audiovisivi) e che contempli – in linea teorica – l’eventualità che sulla base della disciplina di legge vigente giudici e/o Autorità amministrative possano ordinare ad un internet service provider di collaborare nella interruzione di una condotta illecita, per autorizzare un’Autorità amministrativa a dettare una disciplina generale in materia di circolazione dei contenuti nello spazio pubblico telematico? E bastano davvero i generici riferimenti normativi individuati dal Professor Onida perché un’Autorità amministrativa possa stabilire che la tutela del diritto d’autore giustifichi la sottrazione dallo spazio pubblico telematico di terabyte di informazione anche lecita?

La sensazione è che applicando lo stesso algoritmo logico-giuridico proposto dall’ex Presidente della Corte Costituzionale dovrebbe pervenirsi ad una conclusione opposta rispetto a quella cui questi è pervenuto: allo stato, AGCOM non può arrogarsi il diritto di normare la materia della circolazione dei contenuti online e di stabilire che l’esigenza di sottrarre alla diffusione al pubblico un contenuto protetto da diritto d’autore giustifichi il rischio di rimuovere dallo spazio pubblico milioni di contenuti di carattere informativo la cui pubblicazione è perfettamente lecita.

Del tutto incomprensibile e, comunque, non condivisibile è, infine, un’altra conclusione cui perviene il Professor Onida.
D’altronde, per le caratteristiche stesse della diffusione attraverso gli strumenti della rete, e le connesse implicazioni tecniche – scrive l’ex Presidente – le misure ipotizzabili in questa materia non consistono in interventi diretti dell’autorità sui contenuti di cui si vieta la diffusione o sul mezzo di diffusione in quanto tale (come potrebbe essere un sequestro o misura consimile, attinente al contenuto o all’insieme dei contenuti di una manifestazione del pensiero): misure per le quali si potrebbe forse ritenere necessaria una specifica disciplina di legge. Esse consistono piuttosto in interventi ordinatori diretti a conformare, con la statuizione di “obblighi di fare”, l’attività dei soggetti che intervengono nel processo di diffusione, come i prestatori di servizi di memorizzazione, di connettività e di accesso: provvedimenti che, in conformità ai principi generali, dovranno fondarsi sull’accertamento e la contestazione della violazione (che deve dunque essere portata a conoscenza del prestatore di servizi), essere debitamente motivati e suscettibili di essere opposti e sindacati in sede giurisdizionale.
Si tratta, dunque, di misure meno “invasive” delle libertà e tali da assicurare un livello di garanzie, anche procedimentali, sufficiente per i soggetti coinvolti; onde anche il grado di specificazione del contenuto delle misure stesse, necessario per soddisfare le esigenze di riserva di legge, può essere ragionevolmente minore”
.
Viene davvero il dubbio che non si sia compreso bene.

Ciò che si sta ipotizzando è che, mentre la decisione di ordinare la rimozione di un singolo contenuto dallo spazio pubblico telematico in caso di violazione del diritto d’autore richiederebbe “una specifica disciplina di legge”, la decisione – sempre a tutela del diritto d’autore – di rendere inaccessibile un intero sito internet o un’intera piattaforma di condivisione di contenuti potrebbe essere adottata attraverso un semplice regolamento perché il provvedimento risulterebbe “meno invasivo”.
Sembra, in realtà, vero l’esatto contrario.
Ordinare ad un soggetto terzo come il provider – che non è e non può essere uno sceriffo della Rete – di rendere inaccessibili milioni di bit di informazione, senza che nessuno ne abbia accertato il carattere illecito byte per byte è, certamente, un provvedimento più invasivo che ordinare ad un soggetto – autore di un determinato contenuto – di sospenderne la diffusione laddove il contenuto medesimo risulti pubblicato in violazione del diritto d’autore.

Ci sarebbe ancora molto da dire su un parere che nei modi di diffusione e nelle conclusioni lascia davvero perplessi ma, per il momento, non resta che augurarsi che l’AGCOM dia prova di maturità e responsabilità istituzionale e si astenga – almeno sino alla scadenza del mandato degli attuali Commissari – dall’assumere qualsivoglia iniziativa.

Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
14 mar 2012
Link copiato negli appunti