“Nel rispetto della legge e nel solco dell’Europa”: è questo il sottotitolo che il Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni Corrado Calabrò ha scelto per la propria audizione di questa mattina dinanzi alle commissioni VII e VIII del Senato della Repubblica in relazione all’annosa questione legata al varo del regolamento in materia di Internet e diritto d’autore.
Difficile immaginare una scelta meno indovinata. Lo scenario che il Presidente Calabrò disegna nel testo della propria audizione ha, infatti, ben poco a che vedere con il proclamato “rispetto delle leggi” e si colloca lontano anni luce dal “solco dell’Europa”.
La miglior sintesi di questo scenario è contenuta nelle conclusioni dell’audizione.
Eccole: ” Il nostro compito, intanto, è quello di applicare le leggi vigenti. Ci rafforza in tale convincimento la norma di legge predisposta dalla Presidenza del Consiglio che ribadisce la legittimazione dell’AGCOM e ne definisce meglio la competenza e i poteri nella materia del diritto d’autore. Attenderemo che tale norma veda la luce prima di adottare il regolamento predisposto. Nel segno della legge e con una sensibile e non banale apertura mentale, come sempre. “.
È un passaggio di portata confessoria – direbbe un giudice – circa l’autentico golpe in atto in queste ore e l’assoluta ed imperdonabile – almeno sul piano istituzionale – mancanza di trasparenza da parte dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e di Palazzo Chigi.
Vediamo perché.
È noto che una delle principali critiche rivolte nei mesi scorsi ad AGCOM a proposito della scellerata idea di varare un regolamento destinato a disciplinare la circolazione di qualsivoglia genere di contenuto online è rappresentata dalla circostanza che l’Autorità non dispone di una tanto ampia potestà regolamentare.
Nessuna norma di legge autorizza AGCOM a dettare le regole in una materia tanto delicata. Le uniche regole che AGCOM potrebbe dettare – almeno allo stato – sono quelle che, con il famigerato decreto Romani, l’ex Ministro della televisione , l’ha delegata a varare in materia di diritto d’autore nella fornitura di servizi media audiovisivi. Stiamo parlando di un ambito straordinariamente circoscritto rispetto a quello in relazione al quale l’AGCOM, da mesi, annuncia di voler dettare le regole del gioco.
Si tratta di una conclusione ineluttabile.
Lo stesso Calabrò, infatti, nella sua audizione, nel mettere in fila i provvedimenti normativi che legittimerebbero l’iniziativa regolamentare non riesce ad individuare alcun riferimento normativo che riconosca alla sua Autorità un simile potere.
Calabrò non può che richiamare la legge sul diritto d’autore che riconosce ad AGCOM poteri di vigilanza, la disciplina sul commercio elettronico che si limita ad ammettere l’eventualità che gli internet service provider possano essere destinatari di ordini da parte di autorità amministrative e, infine, il famoso art. 32 bis del testo unico dei fornitori di servizi media audiovisivi che, appunto, riconosce ad AGCOM il potere di normare esclusivamente nella materia oggetto del testo unico medesimo. Il provvedimento che AGCOM si accingerebbe a varare, pertanto, sarebbe illegittimo in quanto emesso da un’Autorità priva della necessaria potestà legislativa.
Un Regolamento nullo e che tale sarebbe dichiarato dal primo Giudice amministrativo che fosse chiamato ad esaminarlo.
Ma è a questo punto che arriva il colpo di scena.
Calabrò annuncia che il Governo sta per varare una ” norma di legge predisposta dalla Presidenza del Consiglio che ribadisce la legittimazione dell’AGCOM e ne definisce meglio la competenza e i poteri nella materia del diritto d’autore “.
È un fatto gravissimo e – credo – con pochi precedenti nella storia della Repubblica: un Governo che vara una norma allo scopo di “sanare” una situazione di illegalità nella quale si è andata ad incastrare un’Autorità semi-indipendente, lasciandosi tirare per la giacchetta da un nugolo di preistorici industriali dell’audiovisivo incapaci di guardare al futuro e pronti a veder sacrificata la libertà di manifestazione del pensiero online sull’altare dei propri portafogli.
È, probabilmente, il peggiore degli epiloghi possibili di una vicenda che aveva già offerto uno spaccato inquietante ed allarmante dello stato di degrado nel quale sono precipitate le nostre istituzioni.
L’immagine dell’Autorità Garante per le Comunicazioni ne esce distrutta: dopo aver difeso per mesi la legittimità del proprio operato e la sussistenza in capo ad essa dei necessari poteri regolamentari oggi, per bocca del suo Presidente, è costretta a confessare che quei poteri, allo stato, non ci sono. Ma che il Governo sta per conferirglieli attraverso una legge ad Autoritatem .
La quotazione delle azioni del Governo dei professori – già bassa per la scarsa attenzione sin qui dimostrata ai temi dell’innovazione – precipita ai minimi storici, facendo, forse, persino rimpiangere il Governo del tele-potere che non si era spinto a tanto: un Esecutivo che si precipita a legittimare un’azione illegittima di un’Autorità semi-indipendente nella piena consapevolezza che, così facendo, sottrae per sempre la materia della libertà di informazione online al dibattito parlamentare.
Siamo al golpe contro la Rete.
Siamo agli interessi economici di pochi che riescono ad appropriarsi dei centri di produzione normativa dello Stato ed ad usarli a loro uso e consumo quasi che gli appartenessero e che si trattasse degli uffici legali delle proprie aziende.
Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it