L’approvazione della modifica alla legge sul diritto d’autore firmata dalla Commissione Cultura nella sera del 21 dicembre scorso, ha suscitato un’ ondata di polemiche fra osservatori ed utenti della rete.
Il nuovo comma 1-bis , lo ricordiamo, prevede la possibilità di utilizzare liberamente sul web “immagini e musiche degradate” per “uso didattico e scientifico”, purché non ci sia scopo di lucro. Da un lato c’è chi saluta con favore la possibilità di pubblicare più o meno liberamente sul Web immagini coperte da copyright, dall’altro un gran numero di osservatori che già dalla mattina del 22 dicembre evidenziava, in varie forme, critiche al nuovo comma.
Altro oggetto del contendere è la riforma della SIAE, trasformata da ente di diritto pubblico ad ente di diritto privato tramite lo stesso disegno di legge s1861 , fatto che la metterebbe al riparo dalle azioni della magistratura amministrativa.
Per capire cosa ha ispirato questo contestato provvedimento, intervistiamo Pietro Folena , presidente della Commissione Cultura che lo ha elaborato.
Punto Informatico: Secondo quanto lei ha dichiarato , il comma 1-bis amplia le possibilità di libero utilizzo previste dal comma 1, “il quale limita la riproduzione alla citazione e al riassunto”. Eppure il comma 1 parla anche di “riproduzione”, e non fa menzione né alla qualità né alla parzialità. Non c’è il rischio, con questa novità, di depotenziare le già magre libertà concesse dall’art. 70?
Pietro Folena: No, l’articolo 70, comma 1, parla chiaro: “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.”
Significa che un’opera protetta da diritto d’autore (salvo ovviamente non sia sotto una particolare licenza) per intero (ad esempio una fotografia) non può essere in nessun caso pubblicata per alcun motivo. Si parla solo di riassunto, citazione o riproduzione di brani. Non dell’opera stessa. Capisce bene che nel caso di una foto di Oliviero Toscani, per fare un esempio, potrei pubblicare forse un particolare, in quanto “brano”, ma non certo la foto intera.
Purtroppo va detto che l’art. 70 concede pochi spazi e libertà rispetto alle esigenze attuali delle libere utilizzazioni. Aveva senso con la carta stampata, ma oggi con Internet è tutt’altra faccenda.
PI: Scendendo più nel merito del testo: perché si è scelto di utilizzare i termini “immagini e musiche” senza menzionare altre tipologie d’opere d’ingegno come il testo scritto, la cinematografia, e così via? Ad esempio: una trasmissione radiofonica contenente solo testo parlato (e non “musica”) non può essere liberamente riprodotta sulla Rete neppure in forma degradata. Non sarebbe stato meglio parlare più generalmente di “opere” (come lo stesso art. 70)?
PF: C’era il problema dei testi. Dare la possibilità di riprodurre un libro per intero, probabilmente non era una cosa fattibile. L’urgenza era rappresentata, per quanto riguarda i blog didattici, dai contenuti visivi e musicali. Per quanto riguarda i testi, il comma 1 dell’art.70 è probabilmente il miglior compromesso.
Riguardo il suo esempio, credo che sarebbe stato utile allargare ai suoni in generale, ma non c’è stato tempo e modo. È stato anzi già molto problematico riuscire ad ottenere un piccolo risultato come questo. Comunque si tratta solo di un piccolo passo, non pretendevamo di riformare le libere utilizzazioni ma solo di aprire una discussione e uno spazio di libertà. Purtroppo la discussione ha preso una piega viziata da un’interpretazione non attinente al testo reale. L’articolo va letto per intero.
PI: E sui tempi di approvazione del “Decreto attuativo” che indicherà, nello specifico, in cosa consistono i limiti a queste libertà, ha un’idea?
PF: Onestamente no. Questo dipende dal ministero.
PI: L’idea comune ad alcuni osservatori è che nonostante l’intento guardasse nella giusta direzione, a causa di vizi di forma si rischia ora di ottenere risultati opposti. Alla luce delle tante critiche, è prevedibile (e, nel caso, auspicabile) un riesame migliorativo del testo?
PF: Credo che non si avranno effetti negativi, poiché la norma è di facile interpretazione. Più che di vizi di forma forse si può parlare di portata troppo limitata. Ma questo era il massimo possibile all’interno di una legge che non riguarda in modo diretto il diritto d’autore ma solo la forma giuridica della SIAE.
Accetto le critiche costruttive però. E saranno preziose. Credo, ad esempio, che dovremo presto acquisire i materiali della Commissione Gambino e incominciare proprio dalle libere utilizzazioni che dovrebbero tornare anche ad avere questo nome, piuttosto che “eccezioni e limitazioni”.
PI: A proposito della Commissione Gambino. Alla luce del lavoro svolto, qual è il futuro della Libertà di panorama e del Codice Urbani nella già tormentata rete italiana?
PF: Credo che occorra stabilire maggiori spazi di libertà. I più ampi possibile: soprattutto in rete. Anche i detentori dei diritti devono capire che è giusto riconoscere queste libertà, e che in buona misura conviene persino a loro.
PI: E nello specifico dei due problemi?
PF: Riguardo alla libertà di panorama sono d’accordo, così come alla revisione del codice Urbani. Trovo ridicolo che Wikipedia non possa pubblicare l’immagine di un quadro rinascimentale custodito in un museo. Wikipedia e il web in generale sono un bene comune come il quadro stesso. Che lo Stato si opponga alla diffusione e alla fruizione di un bene comune è qualcosa che non posso accettare.
Credo che sia stato prezioso il lavoro svolto da varie associazioni e movimenti dentro la commissione Gambino.
PI: Torniamo alle polemiche. Nella stessa proposta di legge è contenuto un altro contestato provvedimento: la riforma della SIAE. Qual è il reale motivo che ha spinto il legislatore a trasformare da ente di diritto pubblico ad ente di diritto privato la Società?
PF: Come è noto i soldi della Siae non sono soldi pubblici, ma privati: degli autori e degli editori. L’anno scorso però il ministero dell’Economia, pur di fare cassa, tentò (senza riuscirci) di prendere risorse anche dal bilancio SIAE. Questa legge mette chiarezza su questo punto.
Faccio notare anche che un ordine del giorno della Commissione impegna il Governo a spingere la SIAE a cambiare le sue regole interne: in modo che gli autori siano più rappresentati degli editori.
Sono consapevole delle critiche alla SIAE stessa e dei limiti e storture di questo modello. Tuttavia una riforma del suo ruolo, alla luce anche della concorrenza europea, deve trovare posto in una riforma della legge sul diritto d’autore complessiva. Questa “leggina” serviva più che altro ad evitare che gli autori, oltre alle imposte, dovessero pure pagare un ulteriore prelievo “forzoso”.
a cura di Luca Spinelli