Uno scenario variopinto e forse confuso, emerso in chiaroscuro a margine della consultazione pubblica sulla nuova disciplina del diritto d’autore online . Una tavola rotonda – imbandita dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) al Senato della Repubblica – che ha cercato di far tesoro delle posizioni più distanti, portate con ardore dai vari protagonisti del mercato e della stessa Rete.
L’obiettivo primario è stato annunciato fin da subito, nelle parole del commissario AGCOM Nicola D’Angelo. Trovare una qualche forma di chiarezza in quella che potrebbe essere la prossima regolamentazione del diritto d’autore online, in vista dell’imminente chiusura, ai primi di marzo , della fase di pubblica consultazione in precedenza lanciata dall’Autorità.
Un’occasione per confrontarsi, ma soprattutto per gettare uno sguardo sulle future modalità di tutela del copyright tra i meandri web del Belpaese. Un passaggio radicale, ordinato dai principi già noti del famigerato Decreto Romani . D’Angelo ha però sottolineato come AGCOM si fosse mossa anche prima, addirittura ai tempi della legge Mammì. L’Autorità dovrà ora passare da compiti di mera vigilanza ad un impegno più sostanziale di regolamentazione .
Proprio questo impegno non avrà vita facile: il panorama legislativo internazionale in materia di tutela del copyright è probabilmente troppo eterogeneo. Addirittura restrittivo – come spiegato da D’Angelo – in casi come quelli del Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA). La proposta italiana sarebbe già macchiata da alcuni buchi normativi, a partire da una scarsa considerazione delle piattaforme walled garden come quella di Apple .
AGCOM sembra non avere ancora le idee chiare: ci sarà un intervento selettivo in stile Digital Millennium Copyright Act (DMCA)? Oppure una blacklist di siti pirata? Sarà la Guardia di Finanza ad ordinare l’inibizione di uno spazio web in violazione del diritto d’autore ? D’Angelo ha indicato la via: troppo datate le attuali leggi sul copyright, così come le stesse modalità di compensazione del diritto d’autore.
Ma come si fa a “stare al passo col web” (per dirla con D’Angelo) se i principi imposti dal Decreto Romani mirano ad una trasposizione dei meccanismi classici della radio-televisione ai ben diversi ecosistemi della Rete? Il dibattito in Senato si è subito acceso, in particolare su alcune delle disposizioni annunciate dal testo di AGCOM. A prendere la parola è stato Marco Pierani, responsabile degli affari istituzionali di Altroconsumo. L’associazione a tutela dei consumatori ha chiesto una moratoria per sottoporre il testo dell’Autorità ad una schiera di avvocati, convinta che le procedure di enforcement sul diritto d’autore abbiano implicazioni dirette sui fondamentali diritti degli utenti .
Proprio queste procedure andrebbero ad estendersi ben al di là della semplice rimozione di un contenuto illecito, risultando incostituzionali e lesive dei diritti dei consumatori. “Che succede quando c’è solo il sospetto che un sito violi il diritto d’autore?”, si è chiesto Pierani. Entrerebbe così in ballo il fondamentale diritto di accesso all’informazione diffusa a mezzo web .
“Non tuteliamo i pirati, ma la democrazia”, ha tuonato Pierani che ha poi indicato uno specifico sito web – chiamato sito non raggiungibile – inaugurato per la raccolta di firme contro quello che viene visto come un vero e proprio meccanismo di censura dei contenuti online.
A Pierani ha risposto Enzo Mazza, presidente della Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI). Intervenuto in rappresentanza delle posizioni di Confindustria Cultura, Mazza si è detto in gran parte favorevole alla delibera annunciata da AGCOM. Prevedere il più classico degli iter giudiziari per chiudere un sito illegale rappresenterebbe un’assurda lungaggine, favorevole solo ed esclusivamente ai cosiddetti pirati.
Mazza ha così sottolineato l’efficacia di misure come quelle messe in atto in terra statunitense, basate essenzialmente sul sequestro dei domini senza particolare preavviso ai gestori. Che il caso Rojadirecta.org diventi un capitolo da manuale anche in Italia? Secondo Mazza, la tutela di un sito come The Pirate Bay non si tradurrebbe affatto nella tutela di alcune libertà digitali.
“Internet non è uno strumento per violare il diritto d’autore – ha spiegato Mazza – né tantomeno per mettere in crisi l’industria”. Un sito non potrebbe dunque venire rimosso dopo i classici tre gradi di giudizio, dal momento che una partita di calcio in streaming viene consumata in un tempo infinitamente più breve .
Al centro delle polemiche sono poi finiti i già famosi cinque giorni del contraddittorio , a disposizione degli utenti e dei gestori per presentare un ricorso contro l’ordine di rimozione. Per Mazza sarebbero addirittura troppi, proprio a causa di questo consumo veloce dei contenuti illeciti. “Tre giorni di contraddittorio sono già tanti”, ha aggiunto.
Per i rappresentanti di Confindustria Servizi Innovativi il vero nodo della questione è la promozione di un mercato parallelo e assolutamente legale. L’intero settore dell’ e-content crescerebbe a ritmi di circa il 10 per cento all’anno , a partire da un italiano su due che usa Internet. Un fattore determinante sarà però costituito dai pagamenti online, attualmente sfruttati dal 10 per cento dell’intera popolazione .
E se la futura tutela del diritto d’autore passasse proprio da un mercato legale che smorzi le attività di file sharing e P2P? Per Antonello Busetto di Confindustria ci vorranno politiche industriali che favoriscano questo mercato, a fronte di un investimento pari a 20 miliardi di euro nelle infrastrutture di telecomunicazione . Sulla promozione di un efficace mercato legale si è dichiarato favorevole anche Carlo Blengino del NEXA Center for Internet & Society . Il punto da chiarire riguarderebbe però i vari Internet Service Provider, che rimangano cioè non responsabili di quanto veicolato . Le regole di AGCOM dovrebbero prevedere severe punizioni per chiunque ordini la rimozione di un contenuto senza avere una reale voce in capitolo.
Blengino ha poi fornito un ulteriore spunto di discussione, basato sulle possibilità di mash-up dei contenuti offerte dalla Rete. Si potrebbe mai prevedere la rimozione di un contenuto che a tutti gli effetti è stato creato anche dall’uploader ? Gli utenti 2.0 sarebbero infatti definibili come co-autori, spesso privi dei mezzi necessari per reagire alle forbici sbandierate dai detentori dei diritti.
Se AGCOM archivierà una pratica a rimozione avvenuta, quali possibilità resteranno al comune utente? La pratica statunitense della counternotice offre ad uploader e gestori 14 giorni di tempo per presentare il proprio contraddittorio . Oltretutto l’inibizione di un sito attivo all’estero risulterebbe una violazione delle stesse direttive adottate dall’Unione Europea.
Che la più efficace direzione da intraprendere sia quella relativa all’educazione degli stessi utenti? Il presidente della Business Software Alliance (BSA) Matteo Mille ha sottolineato come l’Italia sia seconda solo alla Grecia per tasso globale di adozione di software non genuino . Un software su due, in Italia, risulterebbe piratato .
La posizione di Mille è stata chiara: all’ enforcement in stile HADOPI dovrebbero essere preferiti quegli investimenti per la sensibilizzazione degli utenti. Secondo i dati presentati da BSA, l’80 per cento dei consumatori è perfettamente consapevole di aver implementato software pirata . Le perdite complessive per il mercato si aggirerebbero intorno agli 1,3 miliardi di euro all’anno .
Ad intervenire sono poi stati gli stessi provider, rappresentanti dalle associazioni di categoria AIIP e Assoprovider. Il discorso ha così sterzato verso una direzione più strettamente tecnica, relativa all’effettiva capacità d’implementazione di un meccanismo davvero efficace di filtraggio dei siti e dei contenuti.
“Qualsiasi filtro, anche il più sofisticato, resterà sempre aggirabile”, ha spiegato il presidente di AIIP Paolo Nuti. Lo si sarebbe visto in Egitto e nella vicenda che ha portato al blocco di The Pirate Bay . “Anche il più beota dei ragazzini è riuscito ad aggirare i filtri entro una settimana”, ha aggiunto Nuti.
E c’è una seconda questione sollevata dagli ISP, relativa al loro futuro ruolo di braccio armato dell’ enforcement . Il presidente di Assoprovider Dino Bortolotto ha sottolineato come risulti poco carino che i provider paghino con le proprie infrastrutture la difesa dei diritti – o interessi – altrui .
Se nemmeno meccanismi di deep packet inspection risultano pienamente efficaci, appare chiaro come la questione si sposti sull’educazione dei due estremi di una comunicazione elettronica illecita. O forse su un concetto da filosofia del diritto, evidenziato dal vicepresidente della Commissione Cultura al Senato Vincenzo Vita.
“È il diritto che deve adeguarsi alla società e non il contrario”, ha spiegato Vita ricordando la visione seicentesca di Bacone sulla scienza come aperta condivisione. L’approccio dovrà quindi essere riformista, per la creazione di un nuovo testo da inviare ai commissari di AGCOM .
Il senatore ha dunque parlato di un disegno di legge da promulgare al più presto, che riveda a livello democratico le stesse disposizioni adottate dal Decreto Romani. Il campo di battaglia potrebbe dunque spostarsi alle Camere, alla ricerca di una maggiore chiarezza sui tanti interessi tirati in ballo dal diritto d’autore ai tempi del digitale.
Mauro Vecchio