Lo US Commerce Department ha inserito il produttore di droni DJI nella cosiddetta “Entity List” con cui vieta alle aziende USA di collaborare con specifiche aziende straniere. La lista aveva assunto particolare importanza nel momento in cui vi è stata inserita Huawei, poiché fu esattamente quello il momento in cui la grande battaglia di Donald Trump contro l’azienda cinese ha avuto inizio.
DJI nell’Entity List USA
Il caso DJI è però completamente differente. La presenza nella lista non sarebbe dettata da questioni di sicurezza nazionale (Huawei era sospettata di raccolta dati e della loro trasmissione alle autorità cinesi), quanto da “abusi sui diritti umani“. Nella fattispecie i droni DJI sarebbero stati utilizzati dalle autorità cinesi come strumenti di soppressione dei diritti umani in Cina. Il ruolo di DJI nella sorveglianza, insomma, sarebbe a monte di questo aggiornamento della lista: il fatto che gli strumenti DJI abbiano avuto un ruolo da protagonista nell’oppressione degli uiguri (e altri casi di cui è farcita la cronaca degli ultimi anni) ha scatenato la reazione USA e inevitabilmente si attende ora una presa di posizione in proposito da parte del gruppo.
Le conseguenze per DJI potrebbero essere estremamente gravose. Sebbene non sia detto che la commercializzazione possa essere vietata, più facilmente potrebbero essere vietate particolari collaborazioni che possano mettere in difficoltà le attività internazionali del gruppo. Il parallelismo con Huawei è logico: il problema per l’azienda cinese è sorta dal momento stesso in cui Google non ha più potuto fornire i propri “services”, rendendo impossibile l’accesso alle app dagli smartphone. Ciò, in aggiunta ad ulteriori restrizioni successive, ha messo di fatto Huawei fuori dai giochi del mondo Android e ha costretto l’azienda a lavorare per lo sviluppo di un marketplace proprio.
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Ad oggi non è noto quindi quali saranno le conseguenze e di quale caratura. Certo è che l’inserimento di DJI nell’Entity List è notizia di grande impatto, che rivela peraltro quel che si intuiva: non basta il cambio di nome sul citofono della Casa Bianca per distendere i rapporti tra USA e Cina. Cambieranno forse i toni, ma non gli obiettivi.