Roma – “Del decreto Urbani ci amareggia non solo il suo contenuto, che costituisce una concreta minaccia al libero mercato e alla comunità degli sviluppatori del software libero. L’elemento che lascia più perplessi è l’atteggiamento di alcuni politici che dichiarano di aver sostenuto con atti concreti le istanze che la FSF Europe porta avanti, ma, vittime di una “svista”, hanno trasformato un decreto limitato e circoscritto in un’arma che mette a repentaglio il lavoro di un’intera comunità di sviluppatori e utenti informatici rispettosi della legge”.
Così Stefano Maffulli , presidente della sezione italiana della Free Software Foundation Europe , è tornato ieri sulla questione più calda di queste settimane, la conversione in legge del provvedimento voluto dal ministro dei Beni culturali su cinema e pirateria.
Secondo FSF certi politici “che si sono dichiarati garanti del software libero” nel Palazzo ora “hanno perso un’importante occasione per difenderne i diritti”.
La contestazione di FSF si concentra sul primo articolo del decreto che, al primo comma, prevede l’introduzione di numerosi adempimenti allo scopo di verificare che si sia ottemperato agli obblighi di legge derivanti dal diritto d’autore. Nello specifico, il riferimento è a tutte le opere dell’ingegno distribuite via Internet, fra cui evidentemente è compreso il software.
Questi obblighi, che parrebbero introdurre una sorta di bollino virtuale , costituirebbero secondo FSF “un grave impedimento” all’attività creativa ed economica di quegli autori che, come accade nell’ambito del software libero , non hanno interesse alcuno a limitare la circolazione del loro lavoro, ma che anzi per propria scelta la incentivano.
“Di nuovo un favore alla SIAE – attacca Maffulli – un’istituzione in rotta di collisione con la modernità e con la libera circolazione del sapere, esattamente come accadde nel 2000 con la legge di riforma del diritto d’autore”.
Sul merito della conversione in legge del decreto, FSF chiede che si modifichi il primo comma del primo articolo affinché “gli obblighi di cui sopra non si applichino al software libero e, più in generale, a quelle opere dell’ingegno di cui il legittimo autore abbia esplicitamente autorizzato la copia e la libera distribuzione al pubblico”. In alternativa FSF chiede di “stralciare l’intero comma affinché il suo contenuto normativo possa essere trattato più ampiamente e democraticamente in altra sede”.