La software house della Pennsylvania era già intervenuta durante il procedimento antitrust in corso negli Stati Uniti. DuckDuckGo chiede ora alla Commissione europea l’avvio di tre indagini nei confronti di Google per la violazione del Digital Markets Act (DMA). Due procedimenti sono stati avviati a fine marzo, ma non ci sono aggiornamenti in merito.
Google non rispetta il DMA
Come stabilito dalla sentenza negli Stati Uniti, Google ha il monopolio nel mercato dei motori di ricerca. DuckDuckGo chiede quindi l’avvio di un’indagine per la violazione dell’art. 6 comma 11 del DMA. Tale articolo prevede l’accesso ad alcuni dati da parte dei concorrenti:
Il gatekeeper garantisce alle imprese terze che forniscono motori di ricerca online, su loro richiesta, l’accesso a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie a dati relativi a posizionamento, ricerca, click e visualizzazione per quanto concerne le ricerche gratuite e a pagamento generate dagli utenti finali sui suoi motori di ricerca online. I dati relativi a ricerca, click e visualizzazione che costituiscono dati personali sono resi anonimi.
Google ha introdotto un programma di licenza per i dati di ricerca. Secondo DuckDuckGo, questa soluzione non ha nessuna utilità perché i dati sono riferiti solo alle query cercate oltre 30 volte negli ultimi 13 mesi da 30 utenti distinti che hanno effettuato l’accesso. In questo modo vengono omesse quasi il 99% delle query.
La seconda indagine dovrebbe essere avviata per la violazione dell’art. 6 comma 3 relativo alle impostazioni predefinite e alla schermata di scelta per motore di ricerca, browser e assistente virtuale. Google non offre una modalità semplice per cambiare il motore di ricerca predefinito sui dispositivi Android e Chrome.
A differenza di Apple, Google non ha ancora introdotto una schermata di scelta su Android per motore di ricerca e browser. Da quanto è disponibile su Chrome per desktop e iOS, le ricerche tramite DuckDuckGo sono aumentate del 75%. Infine, la Commissione europea dovrebbe avviare un’indagine per la violazione dell’art. 6 comma 4 perché Google non consente di impostare come predefinito ogni browser o app di ricerca al momento del download dal Play Store.
Dato che Google cerca di aggirare gli obblighi del DMA, le modifiche proposte dovrebbero essere testate e validate da terze parti prima della loro implementazione.