A partire dal 6 luglio 2023, il servizio INAD è diventato operativo. Altrimenti chiamato Indice Nazionale dei Domicili Digitali, ha dato il via alla nuova era delle comunicazioni provenienti dalla Pubblica Amministrazione. Con l’obiettivo di stimolare la digitalizzazione a livello nazionale e semplificare il dialogo tra cittadini e PA, il servizio ha vantaggi fondamentali ed è destinato a diventare la piattaforma di riferimento per la popolazione. Basta lettere e altre carte sparse per la casa: ogni documento con valore legale arriva agli italiani mediante l’INAD.
Vediamo però per l’esattezza cos’è e come funziona, cosicché chiunque possa inquadrare l’INAD e non temere il suo utilizzo.
Cos’è il domicilio digitale?
Molto semplicemente, si tratta dell’indirizzo di posta elettronica certificata (altresì detta PEC) o del servizio elettronico di recapito certificato qualificato valido al fine di ricevere comunicazioni elettroniche dal valore legale, ed è dedicato a persone fisiche, professionisti e altri enti di diritto privato che non hanno l’obbligo di iscriversi ad albi o registri professionali. Immaginatevi, in poche parole, la cassetta postale della vostra abitazione in un formato digitale, nel quale la Pubblica Amministrazione può inserire ogni comunicazione dal valore legale, come multe e altri pagamenti.
Il servizio è disponibile per tutti i cittadini maggiorenni dal 6 luglio 2023 a costo zero: abbiamo già spiegato come usare l’INAD e risalire alla propria casella, a patto che si abbia aderito all’iniziativa. Non manca però la possibilità di inserire il proprio indirizzo PEC, il quale ha dei costi irrisori su base annuale. Chiariamo subito che tramite INAD non sarà possibile attivare un indirizzo di Posta Elettronica Certificata, legato a un gestore terzo autorizzato. In aggiunta, l’INAD non sostituisce la PEC.
Vantaggi e svantaggi dell’INAD
L’Indice Nazionale dei Domicili Digitali ha vantaggi importanti sia per le PA che per i cittadini e le imprese. Tutte le comunicazioni cartacee verranno spostate nel virtuale, evitando il rischio di perderle o di lasciarle all’ufficio postale nel caso in cui non ci si trovi a casa al momento della consegna. Insomma, addio alle pile di carte! In più, la ricezione è immediata e viene confermata automaticamente dal sistema alla Pubblica Amministrazione, cosicché ogni cittadino non possa più usare scuse per evitare qualsiasi pagamento.
Il risparmio di tempo e denaro sarà notevole, complice anche la rimozione dei “costi di postalizzazione”: niente più file agli sportelli, niente stampa su carta e uso di carburante per portare le lettere dall’ufficio postale al domicilio. Tutto avviene online, anche per il bene dell’ambiente. Nel quotidiano la differenza si farà notare in poco tempo, anche per i professionisti e le imprese che risultano già iscritte ad INI-PEC. In questo caso, il domicilio digitale verrà importato automaticamente su INAD con possibilità di modificarlo confermando o meno lo stesso indirizzo PEC.
La spinta per la digitalizzazione al momento non è obbligatoria, ma in futuro potrebbe diventare tale. Ciò può apparire come un importante limite per il servizio; in realtà, si tratta di un modo per uniformare le comunicazioni della PA e renderle più accessibili. Certo, chi non ha un buon rapporto con la tecnologia dovrà abituarsi ai nuovi metodi, ma resta un compromesso accettabile – e necessario.
L’unico vero svantaggio per il cittadino è l’obbligo di controllare regolarmente la PEC, scaricando le applicazioni dei fornitori o l’app IO, magari evitata fino a oggi appoggiandosi a documenti cartacei e PDF, ma destinata a diventare centrale per la gestione della PA. Dimenticarsi di verificare la presenza di nuove scadenze, dunque, significherà avere molto meno tempo per pagare multe o altri conti in sospeso, o procedere con eventuali ricorsi.
Cosa succede se non ci si iscrive?
L’accesso, effettuabile tramite il sito https://domiciliodigitale.gov.it semplicemente seguendo le indicazioni su schermo da smartphone o browser Web su computer, sul lungo termine diventerà obbligatorio. In caso di mancata iscrizione i cittadini continueranno a ricevere comunicazioni tramite posta tradizionale, ma a partire dal 30 novembre 2023 molto probabilmente le notifiche delle PA diventeranno esclusivamente digitali.
Quello avviato in queste ore, pertanto, è a tutti gli effetti un periodo transitorio affinché la maggior parte della popolazione proceda con l’attivazione del proprio domicilio digitale. Sarà anche un periodo di prova per comprendere quanti cittadini si interesseranno consapevolmente di questo strumento, oltre che per rispondere a molti quesiti ancora irrisolti. Ad esempio, i costi quanto diminuiranno effettivamente e in quali casi sarà necessario, eventualmente, mantenere attiva la doppia comunicazione tramite PEC/INAD e documento cartaceo nella cassetta postale?
Oltretutto, con l’automazione non per forza si semplifica l’intero processo. Anche nelle PA, del resto, operano dipendenti il cui rapporto con gli strumenti più moderni e digitali non è dei migliori. Molto probabilmente anche internamente alle pubbliche amministrazioni avverranno controlli continui in un periodo di transizione cruciale per il futuro dell’Italia. Il potenziale c’è, ma bisogna vedere le PA e i cittadini lo sfrutteranno.
Per di più, un’altra domanda non indifferente riguarda l’integrazione dell’INAD nel futuro sistema dell’identità digitale, ovvero del caos riguardante l’app IO tra patente digitale, tessera sanitaria e tessera elettorale. Come si inserirà il domicilio digitale in questo schema?