Web – Il “nostro” governo entra nel pianeta rete, nella complessità dei suoi meccanismi, nella particolarità della sua struttura sovranazionale, dopo averne ignorato anche solo l’esistenza per un decennio, con la leggerezza di un TIR lanciato a folle velocità contro un bicchier d’acqua.
Il provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri infatti, si propone di frenare la registrazione selvaggia di domini web nella gerarchia italiana (.it) e istituisce una serie di “distinguo” per quanti desidereranno utilizzare un proprio dominio web. Crea poi una “Anagrafe” dei domini (e mai nome è stato meno azzeccato con gli strascichi di vecchia e inutile burocrazia che porta con sé) e fissa le sanzioni per quanti non si atterranno alle indicazioni sulla registrabilità contenute in tale legge.
Alcune di queste indicazioni sono talmente generiche e strane da poter generare contenziosi infiniti. Non sarà per esempio più possibile registrare “nomi tali da creare confusione o risultare ingannevoli, anche attraverso l’utilizzazione di lingue diverse dall’italiano”. Molto interessante! Ma cosa significa in concreto?
Della illiberalità della normativa vigente che consente alle aziende di registrare migliaia di siti mentre ai privati uno solo, in questo provvedimento di riordino, ovviamente, non se ne trova traccia.
La legge, se e quando verrà approvata dal Parlamento, avrà poi valore retroattivo e costringerà a una revisione totale dei circa 100.000 domini .it finora registrati, creando una confusione e un numero di diatribe legali ancora maggiori di quelle che ha in animo di impedire.
Internet è quindi in Italia sotto la tutela del governo (in nessun altro paese “civile” le procedure di registrazione dei domini sono in mano a una anagrafe governativa) il quale, a giudicare dalle parole del Presidente del Consiglio e da quelle di Stefano Passigli, sottosegretario all’Innovazione, auspicherebbe eguale impegno regolatorio da parte delle altre nazioni. Dove per fortuna iniziative del genere non se le sognano neppure.
La collisione fra il TIR del governo e il bicchier d’acqua causerà solo minimi schizzi d’acqua e qualche frammento di vetro se è vero che la complicazione burocratica delle norme per la registrazione di un dominio .it, non avrà molti altri effetti se non l’allontanamento di un numero sempre maggiore di aziende e soggetti privati verso suffissi diversi.
La legge invece, e non casualmente, consentirà a molti soggetti proprietari di marchi registrati di occupare d’autorità domini che altri, più oculati e veloci di loro, avevano regolarmente registrato e utilizzato, sancendo una volta di più anche su Internet la legge del più potente.
Scontiamo la poca cultura Internet dei nostri governanti, l’arroganza di chi, arrivato in colpevole ritardo, vuole dimostrare di aver recuperato ogni distanza, o semplicemente scontiamo la scarsa intelligenza di una classe politica “vecchia” , prima sorda ad ogni innovazione tecnologica e poi improvvisamente “imparata” al riguardo.
Ci aspettano altre leggi “brutte” in materia di nuove tecnologie, che nello stile tipico dei nostri amministratori ci porranno all’avanguardia sulle cose della rete, molto più avanti di tutti gli altri: talmente piu avanti da non renderci conto del fatto che abbiamo sbagliato strada.
Il TIR avrà la retromarcia? A giudicare dalle espressioni soddisfatte degli autisti sembrerebbe proprio di no.