Revolv era stato presentato come un controller per la casa automatizzata, popolata da dispositivi connessi per l’intrattenimento, l’illuminazione, il riscaldamento, la sicurezza: a seguito di sommovimenti di mercato, lo smart hub smetterà a breve di funzionare, lasciando orfani i dispositivi che operavano nella sua orbita, e gli utenti che li hanno acquistati.
Revolv era stata fondata nel 2013, acquisita da Nest nel 2014, a seguito dell’ acquisizione della stessa Nest da parte di Google. All’indomani dell’operazione, Revolv aveva sospeso le vendite dello smart hub, e gli sviluppatori erano stati assegnati a progetti per il versante domotico della Grande G. Revolv era stato venduto con la promessa di un supporto perenne, gli utenti si sarebbero potuti attendere un rallentamento nell’implementazione delle funzioni e dei dispositivi supportati, ma non avrebbero dovuto temere sospensioni di aggiornamenti di sicurezza, almeno “fino a fine vita del prodotto”.
È un comunicato pubblicato di recente sul sito di Revolv ad annunciare che il prodotto sarà artificialmente soppresso e raggiungerà il “fine vita” contemplato dalla garanzia: il 15 maggio il dispositivo e la relativa app per gestire le cose di casa connesse smetteranno di funzionare. “Purtroppo non possiamo più dedicare risorse a Revolv – spiega laconicamente il team di Nest – e siamo costretti a disabilitare il servizio”.
Gli utenti, non è dato sapere quanti siano, ma emerge con chiarezza il loro disappunto, hanno compreso a loro spese la differenza tra il possesso di un oggetto e la scommessa su un prodotto che viene loro concesso di usare a discrezione dell’azienda che lo tiene in vita. Coloro che volessero affrancarsi da questa dipendenza, magari giocando con il codice e prendendo le redini del progetto, come avvenne all’alba della Internet delle Cose per i coniglietti connessi Nabaztag, dovranno probabilmente fare i conti con delle leggi che ancora puniscono chi voglia esercitare il pieno possesso operando sugli oggetti che ha acquistato.
Gaia Bottà