Bruxelles – Google al cospetto della commissione Libertà Civili del Parlamento Europeo. BigG ha partecipato a un seminario , nel corso del quale ha sbandierato all’Unione la propria buona fede nel tutelare la privacy dei netizen. Senza perdere l’occasione di tentare di persuadere le autorità UE del fatto che l’acquisizione di DoubleClick non attenta alla riservatezza dei cittadini della rete.
A fare da portabandiera per BigG, Peter Fleischer, responsabile della privacy per il gigante di Mountain View. Si è destreggiato tra allusioni e requisitorie, ribadendo che “Google investe molto nella protezione della privacy nei propri prodotti e nei propri servizi” e che trasparenza e libertà per i netizen restano due baluardi.
Il primo affondo arriva da Peter Schaar, Garante tedesco per la privacy e a capo dell’ Article 29 Data Protection Working Party europeo: “l’ indirizzo IP dovrebbe essere trattato come un dato personale ” e sottoposto ad adeguate tutele, ha spiegato nel corso del seminario, pur riconoscendo che non sempre un IP identifichi una persona o un’azienda.
Google ha tempestivamente alzato le difese : “Non c’è una risposta univoca da dare: a volte un indirizzo IP può essere considerato un dato personale, a volte no, dipende dal contesto e dalle informazioni personali che esso rivela”. Google raccoglie gli indirizzi IP dei netizen per offrire loro servizi migliori e tagliati su misura. Nulla a che vedere con l’identificazione o la creazione di superprofili : gli indirizzi IP servono a Google per localizzare gli utenti e fornire loro servizi personalizzati, per scongiurare la minaccia del click fraud , per individuare dei trend generali in base ai quali strutturare le tattiche del marketing.
Ma la strategia difensiva di Google non sembra aver convinto Marc Rotenberg, rappresentante della storica associazione non profit Electronic Privacy Information Center ( EPIC ), già in prima linea per tutelare i cittadini dalla invasività della personalizzazione operata dal colosso di search e advertising. “Ci stiamo muovendo verso il modello IPv6, per cui sarà ancora più necessario che l’indirizzo IP venga considerato alla stregua di un dato personale”, ha spiegato Rotenberg, ricordando come la questione sia di primaria importanza in ambito business: maggiori informazioni si archiviano riguardo ad ogni individuo, maggiore è la possibilità di rivendere agli inserzionisti dei bersagli da colpire con pubblicità ad hoc. Un aspetto che, suggerisce il rappresentante di EPIC, dovrebbe essere preso in considerazione nell’ambito della revisione da parte dell’Antitrust europeo dell’ acquisizione di DoubleClick ad opera di Google.
Privacy e business vanno a braccetto anche secondo Pamela Harbour, ospite del convegno in qualità di membro della Federal Trade Commission americana, unica dei cinque commissari ad avere espresso dissenso nei confronti dell’acquisizione di DoubleClick. A suo parere, un approccio di valutazione dell’accordo che si basi solo su aspetti relativi alla privacy o solo sulle configurazioni del mercato, finisce per trascurare la questione nella sua globalità : i servizi offerti ai consumatori non sarebbero apprezzati se il diritto alla riservatezza dei netizen venisse calpestato.
Repentino e piccato il contrattacco di Google: “Stanno tentando di incanalare a forza delle questioni di privacy nella revisione di un accordo commerciale”.
L’Unione Europea sembra sostenere la posizione di Fleischer: l’acquisizione di DoubleClick verrà valutata solo dal punto di vista degli scenari che potranno crearsi sul mercato dell’advertising, nonostante la raccolta dei dati relativi ai cittadini possa costituire un indiscutibile vantaggio rispetto agli altri player del settore.
Gaia Bottà