DoubleClick, quando la privacy non conta

DoubleClick, quando la privacy non conta

Nello "scandalo" della raccolta dati e della profilazione fioccano le denunce e pare che qualche sito del network, come AltaVista, voglia far vedere che con i predatori della privacy non c'entra
Nello "scandalo" della raccolta dati e della profilazione fioccano le denunce e pare che qualche sito del network, come AltaVista, voglia far vedere che con i predatori della privacy non c'entra


Web (internet) – D’accordo, parlare di anonimato e di privacy sulla rete ha poco senso, perché tante e tali sono le tracce che si lasciano quando si naviga o si usufruisce di un qualche applicativo della rete che l’essere anonimi e non essere “inseguiti” è estremamente difficile. Invece, sul piano del marketing, l’utente internet rappresenta il compimento dei sogni di qualsiasi operatore: si può sapere quali siti visita, quali gusti ha, cosa compra, quanto spende, quando o perché. Del navigatore che gira molto su internet, che frequenta siti di ecommerce e che magari ha anche attività in rete si può sapere pressoché tutto. Ci sono sistemi per evitare la cosiddetta “profilazione”, ma richiedono all’utente conoscenza della tecnologia, tempo e passione; in altre parole sono di esclusiva competenza di chi sente davvero sulla propria pelle l’esigenza di non finire in un database dopo essere stato spogliato e sezionato.

In tutto questo arriva la vicenda DoubleClick , forse il più noto network e sistema di advertising online nonché quello che due giorni fa il Center for Democracy and Technology ha definito “schiacciasassi della privacy”.

Secondo CDT, e molti altri che già hanno denunciato la multinazionale della pubblicità online, DoubleClick raccoglie informazioni “sensibili” relative agli acquisti degli utenti, comprensive di titoli di film piuttosto che di informazioni sui salari o sui gusti, il tutto sfruttando sistemi non fantascientifici, dal cookie in su. Quel che è peggio, CDT sostiene anche che DoubleClick incrocia i dati così raccolti con quelli che riempiono i database di Abacus Direct, società di rilevazione acquistata da DoubleClick.

La cosa non è nuova, ma la denuncia di CDT va oltre e avverte le aziende che sono legate a DoubleClick sul piano pubblicitario che con ogni probabilità stanno offrendo un servizio che viola la loro privacy: “le aziende si trovano a trasportare informazioni che possono essere usate da DoubleClick per profilazioni profonde senza che le imprese neppure lo sappiano. Queste si trovano a violare le proprie politiche sulla privacy senza neppure saperlo”.


La denuncia di CDT segue una serie di altre, sei delle quali molto pesanti perché volute da grandi imprese e costosi studi legali americani. Non solo, la Commissione federale sul commercio e il procuratore generale di New York stanno indagando sulle pratiche di raccolta dati on e offline del network.

Naturalmente DoubleClick nega. Nega di aver associato o di avere intenzione di associare ai dati raccolti online quelli di Abacus, su cose come stato di salute, stato finanziario o orientamento sessuale. Sono cose che ha già detto ma, questa volta, l’atteggiamento dei partner di DoubleClick sembra essere cambiato.

Per la prima volta dall’inizio dello “scandalo” qualcosa si è cominciato a muovere. In particolare Kozmo.com ha deciso di rescindere i suoi rapporti con DoubleClick, anche se è una decisione, dicono i vertici dell’azienda, presa già da alcuni mesi. Ma anche e soprattutto AltaVista , uno dei siti di ricerca più conosciuti nonché uno dei maggiori contributori al network di DoubleClick, ha deciso di modificare la struttura del suo rapporto con la società del marketing online.

In particolare, AltaVista ha affermato di aver iniziato un programma riorganizzativo teso a limitare la quantità e la qualità delle informazioni che DoubleClick può prelevare dalle sue pagine online per collezionare profilazioni di utenti. In pratica, gli utenti AltaVista dovranno esplicitare il proprio consenso all’uso da parte di DoubleClick di certe informazioni, in caso contrario queste informazioni non verranno “passate”.

Sebbene sia prestissimo per dire come finirà, dei probabili abusi contro la privacy degli utenti si parla moltissimo, molto più di quanto vorrebbe DoubleClick, e i titoli dell’azienda al Nasdaq, in questi giorni, sono scesi parecchio. Ma avere i piedi per terra significa anche non sperare, come sembrano fare i media anche italiani, che “risolta” la questione DoubleClick la privacy sia al sicuro. Cookie o non cookie, stare in rete significa scendere in piazza, che piaccia o meno.

Gilberto Mondi

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
3 mar 2000
Link copiato negli appunti