Quando l’uomo mise piede sulla Luna, superò sé stesso. Fin dalla preistoria si guardava lassù con religiosa fascinazione ed in quel 1969, improvvisamente, si era tutti lassù assieme ad Armstrong. Cambiò la percezione delle potenzialità dell’essere umano e cambiò la fiducia nei confronti della tecnologia.
Cosa c’è di simile, però, oggi? Cosa potrebbe avere un impatto sull’umanità quantomeno similare a quello avuto da quel viaggio incredibile ed alle immagini fascinose dei balzelli sulla superficie lunare? Dove può attingere la tecnologia per stupire ancora e compiere un balzo nel futuro pari a quanto accaduto allora?
L’asticella venne alzata tremendamente, in un colpo solo: l’uomo si trovò in pochi anni proiettato dalle miserie della guerra al sogno dello Spazio, un vortice di emozioni che difficilmente si potrà ripetere. Ma se c’è qualcosa che può dar vita ad un sovvertimento simile dell’ordine naturale delle cose, questa cosa può essere una soltanto: portare l’essere umano stabilmente altrove. Un altro pianeta. Marte.
La Luna oggi è Marte
Verrà un giorno in cui i marziani saremo noi. Verrà un giorno in cui nascerà il primo bimbo marziano, nato e concepito su Marte, partorito su Marte e per la prima volta a tutti gli effetti distaccato da questo pianeta. Verrà un giorno in cui Marte sarà una risorsa e non soltanto la nuova America da scoprire e conquistare. Quel giorno la Terra non sarà più “il mondo”, ma sarà soltanto parte del nostro mondo: sarà un tassello, uno di quelli possibili, una stazione di posa tra un tragitto e un altro. Il viaggio turistico attorno alla Luna è dietro l’angolo, il ritorno sul satellite è già tra i programmi, ma Marte rimane ancora chimera.
Oggi Marte è una realtà virtuale che viviamo attraverso gli “occhi” dei rover catapultati sulla superficie del pianeta rosso, qualcosa di profondamente mediatico che solo attraverso ExoMars e altre missioni potrà essere sufficientemente compreso da poterci portare su l’uomo. Ma quando ci andremo, difficilmente lo faremo con lo stesso spirito della Luna. Marte non è una tappa, ma è una destinazione: è scritto nella nostra fantasia e forse nel nostro DNA, sicuramente nella nostra pulsione predatoria. Marte è la nuova Terra su cui vivere, Marte è la nuova Luna su cui andare, Marte incarna il futuro e il futuro ne veste i destini.
Andremo su Marte perché non possiamo farne a meno. Ma la tentazione è quella di portarci su quanto necessario per rimanere, per colonizzare, per allargare nel sistema solare i fili dell’umanità. Quando l’uomo andò sulla Luna c’erano le “interurbane”, telefonate che andavano a distanza di pochi chilometri a prezzo maggiorato; oggi che proviamo a sognare Marte, le telefonate girano gratuitamente attorno al mondo intero. Automaticamente tutto ciò è diventato ormai piccolo per noi e la cosa sarà sempre più tangibile a mano a mano che continueremo a mettere sotto stress sfruttamento del suolo, cambiamenti climatici ed equilibri geopolitici. Siamo troppo ingombranti per questo piccolo pianeta blu che girovaga nello Spazio; siamo troppo aggressivi per poter fermare la nostra occupazione a qualche terra e pochi mari.
Ma per raggiungere questo obiettivo non siamo sufficientemente evoluti. Si dice che il primo uomo che metterà piede su Marte sia già nato, ma ancora non lo sa: il suo destino è però scritto tanto quanto il nostro e la corsa a Marte sta impegnando alcuni dei più importanti tycoon al mondo. Interesse, ambizione, pulsione e ricerca scientifica vanno nella stessa direzione, ma il rischio è che presto o tardi il tutto diventi anche necessità. Istinto di sopravvivenza, forse.
Dobbiamo andare su Marte, quanto prima, perché solo così potremo tornare a sognare. E forse anche per sentirci più responsabili di questo piccolo mondo che si sta gentilmente, pazientemente e temporaneamente ospitando.