Il futuro di Telecom Italia sembra aver imboccato una nuova strada nei giorni scorsi: sarà la cordata italo-spagnola formata da Mediobanca , Intesa Sanpaolo , Generali , Sintonia (Benetton), Telefonica (unico partner TLC) e riunita nella new company Telco, ad acquisire Olimpia, la holding che controlla la compagnia telefonica. Ma negli ambienti finanziari si sono diffuse notizie contrastanti su cui la Consob intende fare chiarezza.
Telefonica ha infatti trasmesso alla Cnmv (l’omologa spagnola della Consob) una nota in cui dichiara, in base all’accordo, di avere diritto di “opporsi alla vendita di azioni” e di “diritto di veto su alcune decisioni che possano modificare l’azionariato, la politica dei dividendi e disinvestimenti”. Un aspetto che non compare nei comunicati diffusi in Italia e che renderebbe l’azienda spagnola un partner tutt’altro che di minoranza, e per questo (oltre ad alcune differenze dichiarate sulle quote azionarie in Telco) la Consob ha deciso di chiedere chiarimenti agli azionisti italiani di Telco, “per assicurare al mercato parità e completezza di informazione”. Chiarimenti che dovranno essere diffusi entro la riapertura dei mercati azionari.
Telco ha dunque una compagine azionaria in maggioranza italiana, ma – osserva il Financial Times – Telefonica è l’azionista di maggior peso e “non c’è da dubitare sulla mossa finale di un operatore che negli ultimi dieci anni si è costruito una formidabile reputazione sul principio del pieno controllo e dell’integrazione di acquisizioni”. Il controllo, conclude il quotidiano finanziario “è di sicuro l’obiettivo finale di Telefonica”.
Nel comunicato congiunto diffuso dagli azionisti italiani (che non riporta nulla in relazione all’esistenza di diritti di veto da parte di Telefonica) si legge che, “nell’ambito del successivo aumento di capitale Intesa Sanpaolo potrà, con il ragionevole gradimento degli altri soci Telco, indicare nuovi primari investitori finanziari italiani, i quali potranno aggiungersi alla compagine di Telco sottoscrivendo per cassa nuove azioni, con quote singolarmente comprese tra il 2% e il 5%. I soci potranno nel tempo effettuare ulteriori apporti di azioni Telecom entro il limite complessivo del 30% del capitale ordinario della stessa Telecom, tenuto conto anche delle azioni Telecom eventualmente possedute direttamente dai soci di Telco”. C’è già chi legge in queste opportunità l’ipotesi di un ingresso di Mediaset .
La strada imboccata dal nuovo corso di Telecom, come detto sopra, è nuova e il suo percorso è tutto da scoprire. Ma il Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni si dimostra comunque ottimista: “Si chiude così una delicata fase d’incertezza e mi auguro che ci siano le condizioni per affrontare le due sfide della gestione della rete e della certezza degli investimenti, da cui dipende il futuro di un’azienda così strategica per il Paese e per i consumatori”.
In seguito all’operazione, non potevano mancare le reazioni degli altri attori del mercato italiano delle TLC, ossia provider, ISP e consumatori. In un comunicato del Movimento Difesa del Cittadino , il presidente Antonio Longo afferma che “la proprietà/gestione straniera (in questo caso spagnola?) non ci scandalizza, considerando che abbiamo già buona parte della telefonia, delle banche, delle assicurazioni, dell’alimentare o della grande distribuzione in mano a finanzieri e manager stranieri, con risultati tutto sommato non peggiori rispetto alle proprietà/gestioni italiane “.
“Ci attendiamo novità significative – spiega MDC – dalla Telecom futura: abbandono del marketing aggressivo, competitività fondata sulla qualità dei servizi e dell’assistenza, trasparenza dei costi, ricerca e innovazione in particolare nella banda larga e nei servizi ad alto valore aggiunto, impegno nella telefonia sociale, valorizzazione dei rapporti con le associazioni dei consumatori e in particolare delle procedure extragiudiziali per il contenzioso attraverso la conciliazione. Siamo certi che se la Telecom farà scelte di questo genere tornerà ad essere quella che era fino agli anni ’90, una grande azienda al servizio del Paese, dell’innovazione e della ricerca tecnologica che crea sviluppo e occupazione con una buona soddisfazione dei clienti”.
Anche AIIP ha diffuso la propria posizione in merito: “La definizione del nuovo assetto azionario di Telecom Italia e l’ingresso di nuovi capitali sarà un evento positivo per l’industria italiana se accompagnato da una adeguata azione delle Autorità di controllo e da un rilancio degli investimenti”.
L’associazione torna quindi a caldeggiare, per il mercato italiano, la soluzione dello scorporo societario tra rete e servizi TLC: “Poiché Telecom Italia e Telefonica sono monopolisti di fatto nel mercato dell’accesso a larga banda in Italia e in Spagna, al fine di evitare fenomeni di transfer pricing dal mercato italiano a quello spagnolo, con un illecito sussidio di quest’ultimo a danno dei consumatori italiani, si rende necessario spuntare ogni arma che possa essere impiegata da Telefonica/Telecom a tal fine. È quindi indispensabile l’adozione di misure atte a dare efficacia all’esistente obbligo di orientamento al costo dei servizi di comunicazione in capo a Telecom Italia, e prima tra tutte la separazione strutturale, conferendo in una apposita società l’intera rete di Telecom Italia. Occorre quindi accelerare la definizione delle regole dello scorporo della rete, per rilanciare gli investimenti e promuovere una maggiore concorrenza nel mercato. AIIP esprime soddisfazione per la volontà espressa dal Governo di aumentare i poteri dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che ha già annunciato il lancio di una consultazione pubblica per avviare lo scorporo”.
AIIP evidenzia che il modello inglese (una separazione funzionale basata su differenti business unit facenti capo a BT) risulta ormai superato “dai fatti e dalla tecnologia”, e che la stessa Ofcom (il regolatore inglese) si sta preparando a rivedere l’attuale assetto della separazione funzionale. “Nessuno è oggi in grado di dire quali saranno i servizi più richiesti resi possibili dalle reti di nuova generazione, e quali saranno le aziende che li svilupperanno con successo – considera l’associazione – Ma di sicuro, per dare la possibilità alle aziende italiane di competere negli scenari internazionali, è necessario che ci sia una separazione rigida tra la Rete e i servizi. Solo così, si eviteranno inutili duplicazioni di investimenti e di infrastrutture, andando a liberare preziosi capitali da investire nello sviluppo di servizi innovativi e tecnologici”.
Dario Bonacina