Londra – C’è lo spettro di quanto accaduto con l’ affare rootkit che ha travolto Sony BMG, dietro la spinta che nel Regno Unito sta conoscendo l’ipotesi di regolamentare il DRM , ovvero delimitare le opzioni anticopia dei produttori di contenuti.
A parlare proprio dello scandalo Sony BMG sono stati i rappresentati dell’NCC, ossia il National Consumer Council , quotata associazione del consumo, nel corso dell’audizione in Parlamento: l’APIG, l’All Party Parliamentary Internet Group, una commissione di parlamentari britannici, sta infatti ascoltando un certo numero di esperti, aziende e associazioni per indagare sul DRM.
“Nella situazione attuale – hanno spiegato quelli di NCC – i consumatori si trovano a fronteggiare rischi relativi alla sicurezza dei propri sistemi, limitazioni nell’uso dei
prodotti, scarse informazioni quando li acquistano, e termini contrattuali ingiusti”. “Noi riconosciamo il valore dei diritti di proprietà intellettuale – hanno continuato quelli di NCC – ma crediamo poco alle capacità dell’industria di auto-regolamentarsi”.
Stando alla stampa britannica, APIG in questa fase sta valutando tutti i contributi per l’inchiesta che sono giunti da più parti e giudicherà, in un rapporto che sarà diffuso a marzo, se sia necessario o meno ricorrere a nuove normative, e se queste debbano proteggere, e in che modo, i consumatori.
Di interesse segnalare come le tecnologie DRM, assai di rado finite all’attenzione dei legislatori europei fino a quando non è esploso il caso Sony BMG, siano anche al centro delle nuove e moderate proposte normative che si stanno facendo largo in Francia, sotto la spinta del Governo, tese a mettere dei paletti proprio all’uso del DRM.
In Italia, complici anche le imminenti elezioni politiche, la questione non è in agenda in Parlamento.