Il World Wide Web Consortium (W3C) ha promosso a “proposta raccomandata” le specifiche di Encrypted Media Extensions ( EME ), sistema di protezione dei contenuti digitali (DRM) di cui si discute da anni e che presto potrebbe entrare a far parte delle tecnologie ratificate dal W3C per l’ uso assieme ad HTML5 .
La tecnologia EME fa dunque un passo avanti significativo verso la standardizzazione , e adesso l’unico ostacolo ancora da superare è rappresentato dalla risposta negativa o affermativa dei membri (paganti) del W3C sulla ratifica definitiva del nuovo standard. Ma le possibilità che tale ratifica venga respinta sono poche, nonostante il dibattito riguardo alle DRM “iniettate” all’interno di HTML5 sia a dir poco furente.
Una soluzione come EME offre un meccanismo “open” attraverso cui integrare un modulo esterno per la decodifica dei contenuti cifrati (CDM), un “blob” binario e blindato che le varie aziende impegnate nella gestione dei flussi in streaming di contenuti digitali saranno libere di implementare nei rispettivi browser proprietari per PC Windows e non solo.
In questi anni la coppia EME+CDM ha polarizzato il dibattito tra favorevoli e contrari, con i primi impegnati a incensare la nuova soluzione come un modo per continuare a mantenere il Web al passo coi tempi pur nel rispetto dei suoi valori di “openness”, e i secondi – come Richard Stallman – pronti ad accusare il W3C di aver venduto l’anima al diavolo dei nuovi padroni del vapore digitale.
Al gruppo dei favorevoli si è in questi giorni unito nientemeno che Sir Tim Berners-Lee , riconosciuto padre del Web che ha personalmente approvato la ratifica delle specifiche di EME come un modo per accettare la nuova realtà del mercato telematico e per continuare a difendere (sic) la privacy degli utenti. Il campo dei favorevoli include naturalmente anche i colossi tecnologici come Google, Microsoft e Apple, tutti impegnati a sviluppare un proprio modulo CDM da integrare nei rispettivi browser (Chrome, Edge, Safari).
La proliferazione di moduli di decodifica degli streaming blindati porterà a una nuova frammentazione del Web con esperienze di fruizione più o meno differenziate a seconda dei browser, avvertono i commentatori , mentre chi la coppia EME+CDM proprio non la può vedere sottolinea l’ inutilità pratica delle tecnologia anticopia e i rischi, più che concreti , di guai legali per i ricercatori di sicurezza interessati all’analisi del codice binario. Quel che appare certo è che il dibattito sulle DRM nel Web, con o senza ratifica da parte del W3C, è destinato a durare ancora per molto .
Alfonso Maruccia