Roma – Le tecnologie DRM sono diventate il nervo scoperto del “mercato digitale”, e malgrado lo scandalo del rootkit Sony BMG e le novità legislative francesi, la situazione continua a ingarbugliarsi. L’ultima scoperta al riguardo arriva dalla comunità di utenti di Futuremark , sito Web della nota società specializzata in benchmarking. Qualche giorno fa sarebbe stata scoperta la modalità di azione del sistema anti-pirateria Starforce , applicazione utilizzata da numerose aziende che si occupano della produzione e distribuzione di supporti ottici.
Il DRM in questione installerebbe un driver in grado di accedere al sistema operativo e di attivarsi ogni qual volta viene avviato o riprodotto un contenuto digitale protetto da copyright. Se viene individuato un tentativo di masterizzazione, ad esempio, il sistema operativo viene immediatamente riavviato, a prescindere dalle applicazioni aperte e dai documenti non salvati.
Il problema di fondo – anche se questo sarebbe sufficiente per gridare alla scandalo – è che Starforce non si preoccupa solo del supporto ottico di provenienza, ma di tutto ciò che dopo la sua auto-istallazione circola sul PC.
Inoltre, gli utenti affermano che Starforce interferisca direttamente con le letture del Data Protection Manager presente negli applicativi che permettono la riproduzione di copie di giochi: insomma, ogni backup non sarebbe più in grado di funzionare. Una “intromissione”, così è stata definita, che colpisce direttamente i driver di alcuni dispositivi, che sfruttando il legacy PIO mode invece del DMA rallentano il PC sottraendo risorse alla CPU.
Secondo gli utenti, il driver di Starforce è potenzialmente in grado di accedere ad ogni livello del sistema operativo: un esempio di questa capacità è data proprio dal fatto che può attivare il reboot del PC.
In alcuni casi chi aveva tentato di realizzare la copia di un supporto, e non era a conoscenza di disporre di un gioco nel lettore DVD con DRM Starforce, ha dichiarato di aver dovuto assistere a numerosi riavvii apparentemente ingiustificati. Dopo aver scoperto la cosa, molte accuse sono andate anche verso gli editori che si sono affidati a questa diavoleria per proteggere i propri contenuti.
Dario d’Elia