C’è chi ha sottolineato come si tratti di uno studio lontano da certi meccanismi di mercato dell’industria dei contenuti. Sul prossimo numero della rivista Marketing Science si potrà analizzare nel dettaglio una recente analisi di tre ricercatori delle statunitensi Rice University </em< e Duke University , che a lungo hanno osservato gli effetti dei lucchetti digitali sulla pirateria in Rete .
O, in altre parole, il rapporto tra sistemi di Digital Rights Management (DRM) e fenomeni illeciti come lo scaricamento di film e musica. I risultati potrebbero sorprendere i legittimi detentori dei diritti. “Soltanto i consumatori che operano nella legalità pagano il sofferto prezzo delle restrizioni – si legge nello studio – Coloro che che agiscono illecitamente non ne sono affetti perché i prodotti pirata non sono soggetti a restrizioni DRM”.
Apparentemente, un’ovvietà. Stando al modello analitico proposto dagli accademici, limitando l’uso dei DRM si otterrebbe una significativa diminuzione nel livello globale della pirateria. Infatti, gli scariconi preferirebbero canali BitTorrent e affini proprio perché privi di restrizioni al consumo musicale . Come ad esempio circa la possibilità di effettuare copie di backup sui singoli dispositivi personali.
E anche questa potrebbe risultare un’ovvietà (i dettagli dello studio non sono ancora noti): secondo i ricercatori, la rimozione dei lucchetti DRM provocherebbe un maggior livello di competitività all’interno del mercato dei CD, che avrebbero prezzi più abbordabili oltre a risultare più convenienti per l’utente finale . Che lascerebbe i marosi pirateschi per tornare a riveder l’industria.
Mauro Vecchio