DRM, utenti italiani denunciano le major

DRM, utenti italiani denunciano le major

Singolare iniziativa di tre consumatori secondo i quali Disney, Universal e Sony violano la legge sul diritto d'autore perché non permettono di effettuare la copia privata di DVD regolarmente acquistati. I particolari
Singolare iniziativa di tre consumatori secondo i quali Disney, Universal e Sony violano la legge sul diritto d'autore perché non permettono di effettuare la copia privata di DVD regolarmente acquistati. I particolari

Le tecnologie anticopia, tanto care alle major quanto invise agli utenti, finiscono ancora una volta nell’occhio del ciclone: tre consumatori italiani hanno fatto sapere di aver avviato altrettanti procedimenti giudiziari affinché il Tribunale di Milano accerti la violazione delle leggi sul diritto d’autore da parte di Sony Pictures Home Entertainment, Buena Vista Home Entertainment (Disney) e Universal Pictures. Un’azione senza precedenti in Italia.

I tre, spiegano i loro avvocati, hanno acquistato regolarmente dei supporti (DVD) per fruire di alcune opere cinematografiche. Volendo avvalersi dei diritti previsti dall’ art.71 sexies della legge sul diritto d’autore hanno però constatato che misure di protezione DRM poste sui DVD acquistati non consentono loro di eseguire la copia privata .

Da qui la decisione di Claudio Barbieri, Margherita Duranti e Andrea Giacomel di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria. “Il problema – spiega a Punto Informatico l’avv. Lorenzo Cionti che segue il caso unitamente all’avv. Ferdinando Cionti – è che, per quanto la normativa sia confusa e contraddittoria, i titolari dei diritti sono obbligati a consentire la realizzazione di una copia privata, come previsto espressamente dall’art. 71sexies, comma 4, l.d.a.”.

La copia privata, come noto, rappresenta un’eccezione ai diritti dell’autore: la legge concede a quest’ultimo la disponibilità di ogni decisione in merito alla diffusione di un’opera ad un’unica condizione, e cioè che al consumatore che acquista sia data facoltà di effettuarne una copia. Con il diffondersi delle tecnologie anticopia, la copia privata si rivela una giustificazione per mantenere in vita il controverso equo compenso , quello cioè che si paga alla SIAE quando si acquistano supporti vergini e dispositivi elettronici di registrazione, indipendentemente dall’uso che se ne fa.

Il principio informatore dell’equo compenso è come noto la restitituzione ai detentori del diritto d’autore di un “quantum” per l’uso di quei supporti nell’effettuare la copia privata. La SIAE prevede anche dei rimborsi per chi usa i supporti per finalità che nulla hanno a che vedere con il diritto d’autore, ma non sono solo complessi da ottenere, sono anche disponibili solo per certe aziende e non per il privato. Il “meccanismo” della copia privata, dunque, non solo confligge col DRM ma è anche il puntello essenziale per entrate straordinarie in quota SIAE derivanti dalla vendita di prodotti digitali e non. Che abbiano a che fare col diritto d’autore poco importa.

“A questo punto – commenta Cionti – sarebbe più semplice togliere il diritto alla copia privata così come l’equo compenso, come accade in paesi quali il Regno Unito”. Una provocazione, forse, che trova un’eco nella proposta di Nokia e Philips di cancellare l’equo compenso proprio in virtù del fatto che ha ormai acquisito proporzioni epidemiche l’utilizzo dei sistemi DRM (Digital Rights Management) per la distribuzione delle “opere dell’ingegno”. DRM che la legge vieta esplicitamente di violare.

È ovvio è che la normativa si presta ad una ambiguità più volte denunciata dai giuristi ma fin qui sistematicamente ignorata da gran parte del mondo politico. Le stesse major non sanno dove sbattere la testa , come ha testimoniato una inchiesta della rivista AF Digitale già lo scorso maggio: alla richiesta dei consumatori su “come procedere” EMI faceva sapere che la copia non si può fare, Sony Music invitava alla riproduzione dei CD su supporto analogico, BMG sosteneva che una copia analogica “si potrebbe dover fare”. Ed è questo lo stesso imbarazzo che ha accolto le richieste di spiegazione dei tre che ora hanno sporto denuncia e che si trovano senza indicazioni precise da parte dei detentori dei diritti. “Senza contare – spiega Cionti – che la copia analogica di un DVD, ad esempio su VHS, consentirebbe di riprodurre solo una parte dei contenuti del DVD stesso, non potrebbe quindi in nessun caso essere definita una copia”.

Il celebre produttore Claudio Cecchetto, come ricorderanno i lettori di Punto Informatico, con una provocazione aveva distribuito un CD della propria scuderia in doppia copia , una soluzione che consentirebbe al consumatore di avere, di fatto, due originali . Ma è una strada che non è poi stata seguita da alcun produttore.

“La nostra speranza – conclude Cionti – è che questa azione possa anche contribuire a riaprire il dibattito su una normativa tanto importante quanto confusa”.

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Pubblicato il
11 ott 2006
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