DROID X , l’ultima offerta commerciale di Motorola basata su Android che va a ruba al punto da vendere più unità di quante se ne producano, conterrebbe la poco piacevole sorpresa di un sistema di sicurezza pensato per impedire hack e modding . Un sistema blindato che arriverebbe a corrompere il software di inizializzazione dello smartphone rendendolo in sostanza un pezzo di ferraglia inutilizzabile, a meno di rivolgersi ai punti di assistenza Verizon.
Stando alle informazioni sin qui emerse, la tecnologia di blindatura di DROID X è pensata per salvaguardare la sicurezza di bootloader, kernel e ROM contenente il codice operativo di Android. Il bootloader è cifrato, e anche il più piccolo tentativo di modificarlo o sostituirlo con qualcosa di diverso causerebbe la sua corruzione e la conseguente impossibilità di accendere e usare lo smartphone.
Al centro della blindatura di DROID X c’è un processore eFuse , una tecnologia creata da IBM e capace di riprogrammare in tempo reale i chip “compromessi” dall’azione esterna dell’utente. Qualora la cosa si verificasse, all’aspirante hacker non rimarrebbe altro da fare che portare lo smartphone in assistenza e pagare per il ripristino del codice originale con cui poter fare di nuovo il boot del dispositivo.
Neanche a dirlo, l’eventualità di vedersi disabilitato un prodotto legittimamente acquistato non è piaciuta neanche un po’ in rete. Tanto più che sistemi di blindatura come quello appena scoperto su DROID X cozzano e non poco contro la filosofia “open” del sistema operativo Android, una filosofia su cui Google sta costruendo una parte non secondaria della sua espansione nel mercato mobile in alternativa alla Disneyland recintata delle iPiattaforme di Apple.
A mitigare il problema agirebbe però il fatto che il chip eFuse è sì installato sul DROID X, ma al momento non è utilizzato da Motorola per blindare il processo di bootloader e il codice del sistema operativo. Maggiori chiarimenti in merito dovrebbero giungere nel corso dei prossimi giorni e mesi, quando la community hacker metterà le proprie mani sullo smartphone androide per verificare la presunta blindatura del codice operativo.
Alfonso Maruccia