Dropbox ancora una volta nella bufera: il popolare (e discusso) fornitore di servizi di “cloud storage”, già accusato di pratiche di sicurezza scorrette e di inadeguatezza nel garantire la salvaguardia delle informazioni , deve ora fare i conti con una reazione negativa da parte dei suoi utenti dopo un’improvvida modifica in senso “padronale” dei termini di utilizzo del servizio.
La nuova vampata di polemiche sui pericoli e le illusioni dello storage remoto è scaturita dalle nuove condizioni di uso di Dropbox, in cui veniva specificato che la società si arrogava sostanzialmente il diritto di gestire, modificare, trasmettere, concedere e “subaffittare” i dati degli utenti a proprio totale piacimento.
Il prevedibile panico che ne è scaturito ha portato Dropbox a compiere un repentino dietrofront , a cui ha fatto seguito una ulteriore modifica delle condizioni di uso del servizio in cui è ora specificato in maniera chiara e diretta che la proprietà delle informazioni resta nelle mani dei netizen.
L’utente “resta proprietario dei suoi contenuti”, recita la nuova policy di Dropbox mondata delle misure padronali, è “il solo responsabile per la sua condotta, il contenuto dei file e delle cartelle, e le comunicazioni con gli altri mentre utilizza il servizio”. A Dropbox resta il diritto di gestire, modificare e maneggiare in totale libertà i dati, dice la policy, ma solo in funzione di somministrazione del servizio di cloud storage al meglio delle sue possibilità.
Alfonso Maruccia