A meno di un mese dall’applicazione del Digital Services Act, Zalando ha presentato una denuncia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea contro la Commissione europea. L’azienda tedesca ritiene sbagliata la designazione di VLOP (Very Large Online Platform) che impone il rispetto di obblighi aggiuntivi. La legge sui servizi digitali è entrata in vigore il 16 novembre 2022.
Zalando contesta la designazione
Il Digital Services Act prevede una serie di obblighi per siti di e-commerce, social media e app store. Regole più stringenti sono riservate alle piattaforme di grandi dimensioni con almeno 45 milioni di utenti attivi al mese. In base ai dati forniti dalle aziende, la Commissione europea ha pubblicato l’elenco delle VLOP a fine aprile 2023. Una di esse è Zalando.
L’azienda tedesca ha presentato una denuncia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea per contestare la designazione di VLOP. Nel comunicato stampa viene evidenziato che:
La Commissione europea non ha tenuto conto della natura prevalentemente commerciale del suo modello di business e che non presenta un “rischio sistemico” di diffusione di contenuti dannosi o illegali da parte di terzi. Al contrario, Zalando offre ai suoi clienti un ambiente online sicuro con prodotti altamente curati di marchi leader e partner affermati che sono accuratamente controllati. La società contesta inoltre la disparità di trattamento derivante dall’assenza di una metodologia chiara e coerente per valutare se un’azienda è una VLOP.
Robert Gentz, fondatore e CEO, ha aggiunto che Zalando è l’unica azienda europea nell’elenco (in realtà c’è anche l’olandese Booking, ndr). La disparità di trattamento sarebbe correlata alla differenza tra utenti e visitatori.
La designazione delle altre piattaforme è stata effettuata considerando gli utenti mensili. Zalando ha circa 83 milioni di visitatori mensili, ma meno di 31 milioni acquistano i prodotti (i veri utenti), ovvero un numero inferiore alla soglia di 45 milioni.
Thierry Breton, Commissario per il mercato interno, ha sottolineato che il DSA non riguarda solo incitamento all’odio, disinformazione e cyberbullismo, ma anche l’ingresso di prodotti illegali o non sicuri e la rimozione della merce contraffatta dalle piattaforme di e-commerce.