Web – Era un po’ di tempo che non si sentiva più parlare di hacker, o almeno, non così: a prescindere da una valutazione critica sulle azioni degli ultimi giorni e sui reali obiettivi, così, a caldo, mi fa piacere. Fa piacere veder riapparire pagine dallo sfondo nero con proclami dal delirante al simpatico, fa piacere rileggere un certo gergo che si gingilla tra shadowaggi e pagine rinominate , fa piacere vedere che comunque un certo modo di protestare (a torto o a ragione) non è andato perso nei meandri della rete che – ahimé – per metà dei suoi frequentatori coincide con quattro portali.
Chi in questi giorni ha bucherellato siti piccoli e grandi, probabilmente con ben altro per la testa, ha fatto a qualcuno un regalo non da poco: uno squarcio su Internet non così com’era, ma com’è ancora oggi appena varcata la rassicurante soglia di quei siti che stanno cercando di normalizzarla. Molti si saranno scandalizzati, tantissimi si saranno spaventati, confondendo le modifiche fatte a un sito con i possibili danni al proprio computer; qualcuno – fosse anche uno solo – si sarà fatto qualche domanda con la possibilità di arrivare a una risposta diversa da quelle preconfezionate.
Da questo punto di vista, poco importa se questi hacker (o cracker) sono o no contro il G8 , come è subito piaciuto credere alla stampa affamata di semplificazioni. E’ che è difficile, anche per i più algidi osservatori delle umane questioni, non mettere in relazione la passione che spinge a bucare un sito con l’ansia di spazi liberi da filtri e da censure per dire la propria opinione, qualunque essa sia, fosse anche l’ultima delle cretinate.
Se c’è un momento storico per tifare per un ritorno in grande stile degli hacker è questo, ma non per protestare contro il G8, protesta già in copertina. Bucare un sito e pubblicare una propria pagina ovunque lo si voglia è un modo più efficace di tanti altri per ribadire che non servono leggi, non servono regolamenti, non servono sequestri di siti . A molti, il comportamento degli hacker può non piacere: per ridimensionarne la necessità può bastare garantire in tutto il mondo il pieno diritto all’espressione del proprio pensiero, qualunque esso sia.