La Rete globale così come oggi siamo abituati a conoscerla è destinata a una sorta di split: è la previsione formulata da Eric Schmidt, condivisa in occasione di un evento privato organizzato a San Francisco da Village Global. Secondo l’ex CEO di Google e presidente esecutivo della parent company Alphabet, entro 10-15 anni si andranno a formare e consolidare due diversi network, uno controllato dagli Stati Uniti e dalle forze occidentali, l’altro in mano alla Cina.
Due Internet
Schmidt ha risposto al quesito dell’economista Tyler Cowen in merito a una possibile frammentazione di Internet, affermando che è più probabile una sua biforcazione. Il forte tasso di crescita fatto registrare dall’economia cinese è trainato da progetti supportati e finanziati dal governo centrale, come nel caso della Belt and Road Initiative che mira a siglare partnership commerciali con decine di paesi di tutto il mondo (Europa, Africa, Medio Oriente e Asia). Questo potrebbe condurre alcuni di quegli stessi territori ad aderire a un modello proposto e sostenuto da Pechino, come ben noto poco incline a garantire la libertà di accesso agli strumenti online e la circolazione delle informazioni.
A fianco della Rete che oggi conosciamo si potrebbe dunque sviluppare una Internet parallela, sulla quale si teme possa gravare l’ombra della censura. In maniera quasi paradossale, a una prospettiva di questo tipo sembra poter contribuire quella stessa Google che per quasi due decenni è stata la casa di Schmidt. Il gruppo di Mountain View ha infatti già mosso i suoi primi passi per tornare a operare all’interno del mercato cinese, troppo ricco di opportunità a livello di business per potervi rinunciare. Lo ha fatto aprendo di recente nuovi uffici a Shenzhen e inaugurando un centro di ricerca sull’intelligenza artificiale a Pechino.
Conoscitore del mondo asiatico, Schmidt è stato uno dei primi esponenti della Silicon Valley a raggiungere la Corea del Nord nel 2013 per toccare con mano e meglio comprendere il rapporto tra il paese e l’universo online. Dal dicembre dello scorso anno non è più presidente esecutivo di Alphabet, rimanendo comunque al servizio della parent company californiana con il ruolo di consulente tecnico e come membro del consiglio d’amministrazione. Per la rivista Forbes è la 106esima persona più ricca del mondo, con un patrimonio stimato in 14,4 miliardi di dollari.
After ten years as CEO and seven as Executive Chairman, I can’t wait to dive into the latest in science, technology, and philanthropy. I look forward to working with Larry and Sergey on our future here at Alphabet. https://t.co/nVnZqMEHoI
— Eric Schmidt (@ericschmidt) December 21, 2017
Il piede in due scarpe
Un ulteriore e più importante step nella roadmap che vede Google riavvicinarsi alla Cina è quello legato al Project Dragonfly: bigG sarebbe al lavoro ormai da diverso tempo al fine di costruire una versione del proprio motore di ricerca strutturata ad hoc per sottostare alle imposizioni di Xi Jinping. Un’ipotesi che preoccupa gli USA e che ha già provocato la fuga di alcuni dipendenti, non disposti ad accettare che una realtà da sempre impegnata nella tutela delle libertà scelga di andare contro la propria filosofia pur di tornare a operare nel paese asiatico.
Ad oggi Google non ha assunto una posizione ben chiara e definitiva sulla questione, con il CEO Sundar Pichai che in più occasioni si è limitato a ribadire come la società stia valutando diverse opzioni, non nascondendo comunque l’ambizione di essere maggiormente in un paese da quasi un miliardo e mezzo di persone (e potenziali utenti).