Con il complesso sistema di protezione dei DVD-Video e l’ideazione dei codici regionali per i film, l’industria cinematografica pensava di essersi messa al riparo, almeno per un bel po’ di anni a venire, dalle copie illecite e dalla circolazione incontrollata delle loro opere. Alla luce di quanto è successo in tempi recenti, si può ben dire che le case cinematografiche hanno mostrato la stessa cecità e la stessa presunzione che ora mostrano le loro degne compagne di ventura, le major discografiche, nei confronti di Napster: è evidente infatti come non vi sia sistema di protezione (che possa anche essere funzionale ed economico) in grado di tenere testa per molto tempo alla comunità degli hacker.
Lo schema di protezione adottato dai DVD-Video, il CSS (Content Scrambling System) si rifà per certi versi allo SCMS (Serial Copy Management System) ideato per i nastri DAT, ma rispetto a quest’ultimo risulta molto più sofisticato visto che non solo impedisce la masterizzazione del supporto, ma anche il riversamento del suo contenuto su altri media come hard disk o CD. Il CSS è infatti un sistema di crittazione e autenticazione dei dati che impedisce, in assenza di appositi decodificatori hardware o software, la riproduzione del film.
Ma i DVD-Video si appoggiano anche ad un altro sistema di protezione, il Macrovision, che in pratica consiste di un chip incorporato nella maggior parte dei dispositivi dotati di uscita video che altera fortemente il segnale in uscita. Peccato che questo sistema nella quasi totalità delle schede video consumer in circolazione sia già o possa essere disabilitato via software, o addirittura manchi del tutto: risulta così pertanto possibile riversare il contenuto di un’intero DVD su di una comune videocassetta.
Dopo i lucchetti elettronici Hollywood ha poi pensato bene di introdurre la chicca dei cosiddetti “codici regionali”: questi vengono “impressi” in ogni DVD-Video ed in ogni lettore al momento della sua produzione e quando i due non coincidono la visione del film non viene permessa. I codici regionali in tutto sono 8, ma le aree geografiche sono al momento solo 6 (l’Europa rientra, insieme a Giappone e Medio Oriente, nella 2).
In realtà, anche qui, il sistema di decodifica utilizzato per impedire la visione dei DVD-Video in aree diverse da quella prevista, è ampiamente “crackabile”, sia via hardware che via software. Il numero massimo di cambiamenti di codice “legalmente permessi” sarebbero cinque, ma addirittura quasi tutti i vecchi lettori di DVD-ROM non integrano la protezione e quelli che lo fanno possono in genere essere resettati via software o aggiornati con un firmware appositamente modificato.
Le specifiche del CSS sono state finalizzate nel 1996, ma in pratica il mercato dei DVD ha cominciato a prendere piede soltanto un paio d’anni più tardi. Ebbene, in meno di due d’anni l'”inviolabile” sistemone proteggi-DVD è stato abbattutto con fragore da un piccolo gruppo di programmatori noti come MoRE (Masters of Reverse Engineering) che nell’ottobre del 1999 hanno sviluppato un software open source in grado di decrittare le tracce video di un DVD e riversarle, in chiaro (file .VOB) su hard disk. Il programmino è passato alla storia con il nome di DeCSS e nel giro di pochi giorni è apparso su moltissimi siti Web di appassionati dei DVD.
Anche in questo caso, come sta succedendo con Napster, le major americane hanno tentato di impedirne la diffusione appellandosi al tribunale, ma a poco è servito: ad oggi hanno perso praticamente ogni causa intentata contro i gestori dei siti su cui è comparso il DeCSS (anche grazie all’aiuto della Electronic Frontier Foundation) e il programma è ormai divenuto di pubblico dominio. Non solo, ma come spesso succede in questi casi, da questo ne sono nati moltissimi altri che ne migliorano l’interfaccia grafica e le funzionalità.
Per il loro tool i programmatori del MoRE si sono avvalsi di un codice e del motore di decodifica che utilizzano tutti i player software ed hardware di DVD. Il codice di playback si può ottenere sia disassemblando il codice di un player software sia analizzando, tramite un dispositivo di reverse engineering, le attività svolte da un decodificatore di DVD hardware.
In realtà il DecSS non è nato per piratare i DVD quanto semmai per permetterne la riproduzione anche su quei sistemi operativi open source, come Linux, esclusi dalle licenze CSS proprio per la natura aperta dei loro sorgenti. E si sa: quando la comunità hacker ed open source si mettono in testa una cosa, non c’è verso di fermarle.
Naturalmente il DeCSS ha dato poi vita, inutile negarlo, alla pirateria vera e propria: oggi copiare un DVD e metterlo su un paio di CD con qualità vicina a quella di partenza è cosa fattibilissima, specie in seguito alla comparsa del famigerato DivX. Questo altro non è che un hacking del codec video MPEG4 di Microsoft, capace di offrire una buona qualità visiva con un ottimo rapporto di compressione.
Ma non si pensi comunque che questa sia cosa alla portata di tutti, specie a pazienza: riversare un DVD su CD richiede ancora ore e ore di compressione, hard disk capienti e moltissimi esperimenti, pena la fuoriuscita di un filmato a quadrettoni di qualità peggiore di quella di un MPEG1.
Il software che più di ogni altro ha reso la creazione di un DivX alla portata di tutti è il FlaskMPEG, un tool gratuito in grado di portare avanti autonomamente tutte le fasi di compressione da MPEG2 a MPEG4, inclusa la codifica dell’audio.
Personalmente non ritengo che il DiVX possa ancora rappresentare un serio problema come lo è l’MP3 per la musica: innanzitutto i film in genere si vedono una sola volta e quando li si vede si cerca il massimo della qualità, cosa che i DiVX reperibili via Rete davvero non possono dare; i film possono essere presi comodamente a noleggio per sole 5.000 lire; i DivX non possono essere letti dai player stand alone connessi alla TV; passando a DivX si perdono tutte le tracce interattive presenti sul DVD originale; infine, fattore non trascurabile, per i film esiste il problema della lingua.
Come si può vedere tutte le complicazioni introdotte dalle case cinematografiche per proteggere i DVD sono vane su tutti i fronti: sul fronte degli hacker, degli utenti e delle grosse organizzazioni criminali che possono permettersi attrezzature da decine di milioni in grado di duplicare anche la pecora Dolly.