Roma – In un silenzio mediatico quasi assoluto, rotto solo dalla voce de Il Manifesto , due giorni fa si è svolto uno sciopero al call center TIM, il primo sciopero nazionale del genere organizzato lungo 8 ore di servizio da Cgil, Cisl e Uil.
“La nostra motivazione – spiega un’operatrice TIM sui forum di Punto Informatico – parte del fatto che TIM desidera rimodulare i nostri turni (part time 50% e 75%, e full time) al fine di coprire i picchi di traffico sul 119 senza ricorrere all’ovvio, vale a dire all’estensione degli orari e il transito – previsto dal contratto – verso turni più umani e socio-compatibili”.
Parole confermate dal delegato Slc Cgil di Bologna, Giuseppe Ledda, proprio al Manifesto. “L’azienda – ha affermato – ha deciso di cambiare i turni in senso peggiorativo per i lavoratori, il tutto a costo zero. Ci viene richiesto di lavorare 4 sabati e 2 domeniche in più, i turni pomeridiani sono stati allungati di un’ora, la pausa pranzo è stata ridotta da 30 minuti a 10. La TIM ha anche deciso di tagliare la pausa tra una telefonata e l’altra, necessaria per chiudere la pratica e ricaricarsi, da 90 a 50 secondi. Abbiamo dato disponibilità a ridiscutere la turnazione, ma non ci vengono offerte neppure nuove assunzioni. Scioperiamo anche contro le esternalizzazioni, che hanno coinvolto in molti casi dei lavoratori disabili”.
Il disagio sembra confermato a più livelli. “Dopo l’ultima manifestazione di protesta – ha spiegato Ledda – siamo stati bombardati da lettere disciplinari e sospensioni, indirizzate sia ai lavoratori che ai delegati. Ma continuiamo a scioperare”.
Un altro articolo del Manifesto, disponibile qui entra nel dettaglio della vertenza che sembra al momento lontana dal trovare una possibile composizione.